Omaggio ai Cantastorie

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I cantastorie

 

"Quella del cantastorie è una figura antica in ogni tradizione popolare e la funzione di questo creatore o ripetitore di "storie" è stata fondamentale. Certamente ai cantastorie (che nelle varie epoche e nei vari luoghi ebbero nomi differenti) si deve la diffusione di una parte almeno del grande repertorio narrativo europeo. Anche assegnando un ruolo importante ad altri canali di disseminazione (i pellegrinaggi, i viaggi dei mercanti, il trascorrere di bocca in bocca dei canti), non si potrebbe capire e giustificare la presenza di tante "storie" uguali o molto simili in aree vastissime, a distanza di migliaia di chilometri, presso popoli di differente lingua, di differenti origini, di differenti modi di vita senza il contributo dei cantastorie.

1. I cantastorie della tradizione occidentale

I giullari (o jongleurs) del medioevo, che portarono attraverso l'Europa i loro spettacoli di canto e di bal­lo, se possono esser visti come gli antenati diretti dei cantastorie del Rinascimento e dell'età moderna, non vanno certo considerati gli iniziatori di questo mestiere. Sia il mondo latino che quello barbarico già avevano avuto i loro cronisti, impegnati a recitare e cantare la gloria e le gesta dei capi, a tramanda­re quei racconti che ci ostiniamo a chiamare leggende mentre sono testimonianze di storia non scritta, forse anche a riferire su quei fatti di cronaca che avessero un valore esemplare.

Dei cantastorie del passato abbiamo testimonianza nelle cronache, in alcune opere letterarie, nei do­cumenti pubblici, nell'iconografia. Possiamo anche immaginarli osservando i cantastorie attuali dei Balcani, che certamente rappresentano uno stadio antico e sopravvissuto (anche se collegato a una diversa tradizione).

Del loro repertorio non conosciamo molto: quanto è rimasto nella memoria popolare e soprattutto quanto è stato stampato, dal Cinquecento in poi, nei libretti popolari e nei fogli volanti (broadside, in Inghilterra).

Queste stampe popolari sono connesse ai cantastorie che ne usavano per comporsi il repertorio e le vendevano al loro pubblico, desideroso di conservare il testo di una "storia" appena udita e magari di ripeterla. Esattamente come succede ancora oggi.

Esaminando l'immensa quantità di stampe popolari con "storie" e canzoni che dal Cinquecento all'ini­zio del Novecento (e anche dopo) sono state stampate in quasi tutti i paesi europei, si avverte immedia­tamente la presenza di diversi livelli culturali. Si può allora immaginare che una parte di quelle stampe non fosse direttamente destinata ai cantori e ai dicitori ambulanti e che, all'interno della categoria dei cantastorie, vi fossero gradi diversi. Del resto, se è credibile che una parte almeno dei testi poetici che le vecchie stampe ci propongono non siano mai stati realmente cantati ma abbiano avuto circolazione come "lettura" popolare, è anche sicuro che soltanto in epoca relativamente recente il cantastorie ha avuto per pubblico soltanto gente del popolo. Nel Medioevo i giullari agivano in piazza e a corte, nei mercati e nei monasteri, accomunando nell'ascolto ricchi e poveri, contadini e cavalieri, mercanti e mo­naci. Sempre nel Medioevo, c'erano jongleurs che, per fortuna o per maggiore abilità, si guadagnavano la protezione dei nobili e agivano alle loro corti, mentre altri dovevano accontentarsi di un pubblico più modesto. Se, soprattutto dei primi, abbiamo maggiori testimonianze, non dobbiamo pensare che i secondi fossero in minor numero, o avessero minor seguito. Degli jongleurs cortigiani i documenti e le cronache ci hanno tramandato la segnalazione e spesso anche frammenti del repertorio, mentre degli altri dobbiamo andare a cercare il segno nella memoria popolare, per via di ipotesi, di congetture, di interpretazioni spesso ardite.

Se osserviamo, per esempio, il grande "corpus" della ballata europea dobbiamo riconoscere che i can­tastorie veramente popolari debbono esser stati assai numerosi e attivi, in grado, cioè, di diffondere attraverso gran parte d'Europa un numero imponente di "storie". E di queste "storie" la tradizione scritta non ci fornisce che pochissime testimonianze, mentre di migliaia di altre (che la memoria popolare non conserva forse perché non le ha mai ricevute o, se le ha ricevute, non le ha trovate congeniali alla sua struttura culturale) abbiamo i testi nelle stampe popolari.

Affermare che cantastorie e fogli volanti (o libretti, che nella sostanza sono la stessa cosa) sono stret­tamente connessi non significa dunque dire che tutto il repertorio dei cantastorie derivava da queste fonti a stampa, ma soltanto che l'esistenza di questo materiale è stato in stretto rapporto con i cantori ambulanti. I cantastorie, come abbiamo visto, erano già attivissimi prima dell'invenzione della stampa ed è difficile credere che la maggior parte di questi girovaghi fosse capace di leggere. Fra i cantastorie, soprattutto quelli "popolari", i più dovevano essere analfabeti, non in grado quindi di attingere diretta­mente alle fonti scritte (manoscritte o a stampa). Certo anche agli illetterati devono esser giunte, per via orale, molte storie "scritte", assieme ad altre invece di circolazione tradizionale.

A proposito delle musiche ben poco sappiamo per il lungo periodo anteriore al XIX secolo. Dai docu­menti orali che paiono denunciare una certa antichità e un'origine giullaresca si può immaginare che le melodie fossero molto libere (anche in ragione della struttura eterometrica dei testi) e si svolgessero in forma di monotona recitazione. Non dimentichiamo che nel canto narrativo, così come si presenta là dove relativamente integro è ancora il contesto popolare e dove questi componimenti assolvono tuttora una loro funzione, il testo ha un valore assolutamente prevalente sulla musica. L'impegno del cantante è di "comunicare" la "storia" e la musica gli serve sia come supporto emotivo che come strumento mne­monico (per lui e per chi lo ascolta). E' soltanto con la progressiva defunzionalizzazione dei documenti narrativi che sui testi prende il sopravvento la musica. A poco a poco essa assume il ruolo principale, trasformandosi il canto da strumento di comunicazione in occasione di divertimento, di ricreazione.

Il fatto che pochissimi testi che appaiono nelle stampe anteriori al XIX secolo siano oggi reperibili nella memoria popolare non riguarda soltanto l'Italia, ma tutti i paesi dell'Europa occidentale dove esistono canti narrativi tradizionali e si è avuta una produzione di stampe popolari con testi poetici. Abbastanza consistente, invece, è il materiale da foglio volante ottocentesco che ancora vive nell'uso popolare dell'Europa occidentale. Alcune canzoni sicuramente da cantastorie (cioè sicuramente usate dai cantastorie) che i fogli volanti del secolo scorso ci offrono hanno da noi una diffusione quasi na­zionale".

ROBERTO LEYDI, SANDRA MANTOVANI