2005 Bicentenario Festa del Grano
Sant’Anna
Padre Bernardo D’Amico
o.f.m.
La storia
dell’emigrazione a Jelsi" e nel Molise evoca subito l'immagine della "grande
emigrazione,' il drammatico spostamento di milioni di uomini oltre oceano nel trentennio
compreso tra gli anni Ottanta del secolo XIX e la vigilia della Grande Guerra.
Il tema dell’emigrazione a Jelsi e nel Molise
abbraccia i tempi, i percorsi, i protagonisti dell'intera storia dell'emigrazione
italiana verso l'Europa e l'America. La pubblicazione “online” dell’autoBiografia di Padre Bernardo D’Amico apostolo degli emigrati in Argentina ed Uruguay seppur rilevante
soprattutto per
La pubblicazione è stata caldamente sollecitata dagli emigrati di Jelsi in Argentina dove P. Bernardo ha svolto per mezzo secolo il suo ministero missionario e da tutti gli Jelsesi nel Mondo.
Ringrazio
Per Jelsi sono in corso ricerche sugli emigrati Jelsesi coordinate dal Prof. Norberto Lombardi responsabile del Forum degli Italiani nel Mondo che saranno pubblicate presumibilmente in occasione del Bicentenario della Festività di Sant’Anna-Festa del Grano il 26 luglio 2005
Padre Liberato Di Iorio Parrocchia
“Sant’Andrea Apostolo” - Jelsi
Responsabile Uff. Migrantes Arcidiocesi di Campobasso-Bojano
FRA BERNARDO D’AMICO
DEDICO
Questi appunti ala SSma. Madre di
Dio, dispensatrice di tutte le grazie Vergine Immacolata e regina delle
Missioni, che mi protesse sempre e mi concesse, da Dio il perdono dei miei
peccati,
Li consegno ai miei cari nipoti come pegno di santo affetto, unito allo zio sacerdote, Antonio D’Amico, nato nel 1835 e morto nel 1923, grazia speciale che Iddio ha concesso a nostra famiglia.
Mando questi appunti al mio caro nipote Peppino, che vive nella casa paterna, affinché li conservi con altri ricordi dello zio sacerdote e del fratello medico dottor Vincenzo.
Fra Bernardo D’Amico missionario francescano
Buenos Aires, 20 Agosto 1969.
Archivio Storico Dott. D’Amico
Vincenzo
ESTRATTI DEL QUADERNO DELLE SUE MEMORIE
APPUNTI PERSONALI DEL RELIGIOSO FRANCESCANO FRA BERNARDO D’AMICO
Salvatore D’Amico, undicesimo figlio di Giuseppe e Maria Russocaronte. Nato a Jelsi il 15 marzo 1888, Provincia di Campobasso, Molise. Fui battezzato lo stesso giorno, nella Chiesa Matrice, dall’Arciprete Don Alessandro De Simone. Dato che mia madre non aveva latte, fui allattato dalla signora Gabriella, sposata con Nicola (contadini).
Cresimato a 7 anni dal Cardinale
di Benevento Camillo dei Marchesi Direnti. Mi
mandarono sei mesi a scuola, e quello stesso anno feci
Mi piaceva studiare: leggevo i giornali dello zio sacerdote e spesso davo delle spiegazioni a mio padre che era analfabeta, e ai miei compagni di lavoro, anche se il mio studio era da autodidatta, senza un metodo e senza delle basi solide.
Ricordo, che un giorno lessi su un libro di geografia, che il Sole era fermo, e che la terra si muoveva intorno al sole, per me fu una grande meraviglia, e così con grande entusiasmo cominciai a raccontarlo ai miei compagni e a tutti quelli che vivevano nelle campagne.
Era l’anno 1900 si aspettava l’entrata del nuovo secolo, pieno di luce e di progresso si cominciava a parlare di luce elettrica, di automobili, di telefono con fili e senza fili.
Mio fratello Vincenzo, studiava medicina all’Università di Roma, durante le vacanze ci parlava del progresso, dell’arte della scienza e scriveva poesie ed articoli che furono premiate diverse volte. Inoltre insegnava a me e al fratello Antonio nozioni di storia e di geografia così pure mio cugino sacerdote Don Antonio Testa.
LA PIETA’
Fin da bambino mi
sentivo chiamato alla pietà,
però nessuno mi animava. Dopo la prima
comunione tutti gli anni facevo il precetto pasquale e ascoltavo
Quando avevo 15 anni nella mia famiglia ci fu un consiglio che si risolse con l’entrata in Seminario di Benevento, di mio fratello Giovanni, il più piccolo, ma a me non dissero niente. Mio fratello non aveva la vocazione, infatti a 18 anni uscì dal seminario e cominciò la carriera militare.
Io continuavo a lavorare in campagna, già giovinetto leggevo alcuni romanzi e frequentavo alcuni riunioni sociali. Per Carnevale andai una volta in una casa dove si ballava, ma io non sapevo ballare e feci una brutta figura. Già parlavano di fidanzarmi con una ragazza, mai accettai, e così arrivai all’età di 17 anni, quando il Signore mi chiamò a se in modo straordinario.
VOCAZIONE
Nel mese di ottobre
IL TRIONFO DELLA GRAZIA
Commosso e quasi piangendo, passai quindici giorni in lotta tra la carne e lo spirito. Finalmente tornò la calma, una voce di una immagine invisibile mi fece conoscere la volontà di Dio. Continuai la buona lettura in particolare la vita dei Santi, tutti i libri della biblioteca di mio zio. Di solito leggevo di notte, perché il giorno dovevo lavorare.
La lettura mi appassionava e mi illuminava, ma mancava il fuoco, cioè l’orazione. Tra i libri di mio zio trovai un Devozionario. Cominciai a leggerlo e poi a meditarlo, lo portavo sempre con me e meditavo mentre pascolavo le pecorelle. Dopo un mese di lettura e meditazione diventò una regola di vita. Pregavo e meditavo tutti i giorni
E ricevevo i santi sacramenti tutte le domeniche.
Mi confessavo con l’arciprete Don Michele D’Amico, ottimo sacerdote. Dopo molte orazioni e meditazioni conobbi che era volontà di Dio che mi diceva di abbandonare il mondo per sempre. Ma dove andare? In un convento a pregare? Studiare, farmi sacerdote missionario? Dopo lunga meditazione presi una decisione, ma non la manifestai a nessuno. Poi pensai alla situazione familiare, mio padre era anziano,e mio fratello Antonio, era stato chiamato al servizio militare e dopo di lui chiamarono anche me per tre anni. Così dopo aver pregato lungamente decisi di lasciare la casa paterna dopo la leva.
MORTE DELLA MAMMA
A 55 anni già inferma di cuore, morì la cara mamma, il 16 gennaio
La mia buona mamma quando era malata, mi disse che io avevo ricevuto qualche grazia speciale del Signore. Un giorno mi chiamò e mi disse: “Salvatore, che pensi di fare? Ti vedo così assorto”. Risposi: “mamma, mi farò religioso, sacerdote e missionario”. Mi benedisse e si tranquillizzò.
Dopo la morte della cara mamma, le sorelle si fecero carico della casa, ed io aiutavo l’anziano babbo, specialmente nei lavori dei campi. Continuavo con il mio metodo di vita ORA ET LABORA.
Nel
VITA MILITARE
Il 10 di ottobre dovetti presentarmi al distretto di Campobasso e pochi giorni dopo partii per Torino, come soldato del primo Reggimento di artiglieria da Fortezza. La vita militare fu scandita in tre momenti, primo da circoscritto a Torino, poi a Primolano, Venezia, Ciriè, Venezia. Mi congedai con il grado di caporale maggiore nel settembre 1910.
Quell’anno si approvò la legge che invece di tre anni il “militare” era stato ridotto a due. Pensai di rimanere a Venezia, mi recai al convento dei padri francescani, per chiedere di studiare, ma non vollero ricevermi, allora dovetti tornare al paese, alla casa paterna.
Quasi tutti mi dicevano, sei grande, devi sposarti, e devi aiutare tuo padre, dico quasi tutti, perché c’erano anime sante che pregavano perché io perseverassi nella mia vocazione, fra queste il mio confessore. Ed io povero, triste indeciso cercavo di tornare alla vita di tutti i giorni. Lottai per sei mesi, con queste angustie, mi chiedevo cosa fare in futuro, mi sposerò e la promessa fatta al Signore? Indeciso e tormentato da rimorsi, un giorno scrissi una lettera alla ragazza che apprezzavo ed amavo, ma anche lei aveva deciso di consegnarsi al Signore tutta la vita.
Questa santa giovane, dopo essersi consigliata con il confessore, che era anche il mio, mi rispose con parole dolci e precise: “Abbiamo promesso al Signore e dobbiamo essere fedeli, pregherò per la tua perseveranza”. Lessi e rilessi, e poi confuso e vergognato della mia debolezza, chiesi perdono a Dio e alla santa giovane e promisi essere fedele fino alla morte, alla grazia della vocazione.
SECONDA CONVERSIONE
Come il figliol prodigo tornai dal padre spirituale, mi confessai e chiesi consiglio per risolvere il mio grave problema, non potendo studiare come sacerdote, pensai di rimanere fratello laico. Restava il problema dove, nella congregazione del Preziosissimo Sangue a Benevento. Il mio confessore scrisse subito al Padre Francesco Principe Superiore il quale rispose subito affermativamente.
FRATELO LAICO
Dopo pochi giorni lasciai il mio paese e la mia famiglia e andai a Benevento. I missionari del Preziosissimo Sangue mi ricevettero con gioia e in pochi giorni diventai pratico della casa e della Chiesa. Ero molto contento.
Dopo due mesi venne a Benevento P. Antonio Velardi da Roma, che era il segretario generale della congregazione mi salutò soltanto molto cortesemente. Nei giorni seguenti arrivò l’obbedienza del Rev.mo Padre generale e io dovetti partire immediatamente per Roma alla Casa generalizia in via Poli 1. Ero un pò agitato, non conoscevo Roma e ne sapevo le intenzioni del Padre Generale, mi ricevette con un abbraccio paterno e poi mi disse cosa dovevo fare in casa e in Chiesa.
Dopo due mesi l’Italia dichiara guerra alla Libia, chiamarono anche la mia classe del 1888. Dovevo presentarmi a Torino, ma andai a Roma, al 30 esimo reggimento di artiglieria, mi concessero di stare a Roma e non mi obbligarono di partire in guerra.
Quasi tutti i giorni uscivo per conoscere un pò Roma, e tutte le sere andavo a trovare il Padre Generale. In quel periodo veniva a trovarmi anche mio fratello medico, il quale parlò con il mio Padre superiore del mio stato di fratello laico.
FRANCESCANO
Dopo mesi che stavo a Roma mi presentai vestito da militare, al Convento di Aracoeli chiesi di parlare con il Revmo. Padre Provinciale, Nazareno Paris. Gli manifestai il mio desiderio di farmi religioso francescano, e quindi studiare come sacerdote. Dovetti superare alcune prove e mi accettarono come studente del Collegio Serafico di Orte. Il giorno di san Giuseppe, mi congedai la seconda volta e andai a Jelsi dalla mia famiglia, in pochi giorni mi prepararono il necessario e ripartii per Roma. Poi mi trasferirono ad Orte al Collegio serafico, qui mi accolsero bene, dormivo con i frati e studiavo con i ragazzi,studiai a maggio e giugno e poi feci gli esami e passai al secondo ginnasio. Durante le vacanze studiavo la grammatica e l’aritmetica, ad ottobre cominciai l’anno scolastico regolarmente, a febbraio passai il terzo ginnasio. Dopo gli esami di giugno, mi mandarono al Noviziato. Tale notizia mi rallegrò molto, a fine di agosto partimmo in treno fino a Subiaco, proseguimmo a piedi fino a Bellegra, al convento del Santo Ritiro, dopo vestii l’abito di San Francesco. Fu il giorno più bello della mia vita, e l’anno più felice. Eravamo dieci novizi, sette del collegio serafico e tre persone più grandi di noi.
PRIMA GUERRAMONDIALE
Durante il noviziato non si leggevano giornali,
ma si parlava della guerra del pericolo che anche l’Italia entrasse a farne
parte. Si pregava per la pace, il Santo Padre, Pio X che tra l’altro avevo conosciuto, moriva a Roma il giorno 4 Settembre
PARTENZA PER LAPRIMA GUERRAMONDIALE. 1915
Fui il primo ad essere chiamato tra i miei compagni, ma rimasi pietrificato come una statua ad una simile notizia. Ma il dovere chiamava. Mi fermai prima a Roma e mi congedai con calorosi abbracci, poi mi fermai al paese per salutare mio padre, le mie sorelle e l’anziano zio sacerdote, lasciai il mio abito francescano in custodia a mia sorella Concetta. Le raccomandai di dire tutti i giorni un pater nostro, a San Francesco affinché potessi tornare ad indossare quell’abito e continuare a fare la mia vita di francescano. La mia destinazione era Belluno. Arrivai dopo due giorni dalla visita ai miei cari, dormivo su un pò di paglia e si mangiava male, qui conobbi molti religiosi e civili.
24 MAGGIO DICHIARAZIONE DI GUERRA
Io ed altri caporali maggiori rimanemmo quindici giorni senza essere
chiamati, ma il 10 giugno ci chiamarono e ci diedero
un solo foglio di viaggio, dopo due mesi di preparazione partimmo per il fronte
a Cortina d’Ampezzo. Durante una operazione venne a
parlarmi il Capitano, mi disse che veniva trasferito e mi volle lasciare tutti
i documenti e il denaro, e mi diede la
responsabilità di salvare quello che si poteva salvare, specialmente i soldati
e ci congedammo con un “Evviva
DOLOROSA RITIRATA DI CAPORETTO E DIFESA EROICA DEL MONTE GRAPPA
Passato il Piave ci fermammo ai piedi del monte Tomba, ancora c’erano alcune famiglie, ma avevano l’ordine di sfollare, avevano fatto buone provviste di generi alimentari, c’erano diverse botti di vino di mele, castagne e tanti altri frutti. Contai i soldati ed erano tutti, i quattro cannoni, e gli altri strumenti di batteria. Dopo due giorni di riposo sopra il fieno, detti ordini di andare avanti secondo le indicazioni del comandante, il giorno seguente partii con i migliori uomini della Fureria.
Per venti giorni patimmo quasi la fame, poi finalmente mi chiamò il comandante dicendomi: “D’Amico è da tanto che non arrivano i soldi e molti reclamano”. Risposi: “Signor Comandante ho solo banconote e non monete”. Egli mi diede il permesso di scendere al primo paese ancora popolato, che incontrassi durante il mio cammino, per poter fare delle provviste di cibo. Arrivai a Crespano del Grappa e trovai il tempo di visitare anche la chiesa, lì c’era una statua della Madonna del Grappa benedetta dal Santo Padre Pio X, allora Patriarca di Venezia ed ora Santo canonizzato, io ebbi il piacere di conoscerlo nel 1911.
La statua era stata colpita da una granata, si spezzò un braccio e cadde Gesù Bambino, un cartello diceva: “Sarà ricostruita nell’ arsenale di guerra e riportata in trionfo sulla cima del Grappa”. Pregai molto, cambiai il denaro passai una giornata serena a mangiare nella piazza del paese. Il viaggio di ritorno al mio reggimento lo feci con una mula, quando tornai i miei compagni mi accolsero con tanta felicità, tornò un pò di calma, così passò tutto il mese di novembre.
Ma il nemico si avvicinava, e preparava la grande offensiva per occupare il monte Grappa, scendere in pianura ed arrivare fino a Roma per dettare la pace ignominiosa.
Fu allora che lo spirito di
Patria si svegliò nei cuori e nelle menti, a tutti i veri italiani che
giurarono di morire per
In seguito ci portarono nella galleria Vittorio Emanuele lì si stava più sicuri, il nemico attaccava ma senza risultati. Poi venne l’epidemia della spagnola ci fu più dell’80% di infermi, ma grazie a Dio nessun morto. In questo modo il Monte Grappa rimase inespugnabile.
Venne la battaglia del Piave noi eravamo di fronte, vedevamo tutto, dopo diversi giorni di pericoli e di ansie la vittoria fu nostra.
FINE DELLA GUERRA MONDIALE 1914 – 1918
Dopo la battaglia del Piave il nemico si rese
conto che il fronte italiano riformato dagli alleati era forte, allora non
preparò nessuna offensiva, ma ci furono attacchi a sorpresa, incursioni da
maggio a ottobre. Un giorno il cappellano venne a celebrare
Era il mese di ottobre si parlava di armistizio, poi apparvero dei cartelloni nei quali si diceva che erano stati occupati Trento e Trieste. Le campane che da un anno erano ferme incominciarono a suonare, si piangeva di gioia, tutti si abbracciavano e si baciavano, e si chiedevano notizie sempre più concrete. Si seppe che il 4 novembre Italia ed Austria avevano firmato l’armistizio, si aspettava la capitolazione di Alemania che avvenne giorno 11 novembre. Quel giorno fu una grande festa, pranzi, giochi e discorsi, e poi ci fu l’ultimo annuncio che la Germania aveva fermato l’armistizio.
La mia batteria fu una delle prime a scendere dal Monte Grappa, portarono anche i morti caduti nella battaglia, riorganizzammo le file e portammo i nostri cari defunti nel cimitero di Crespano, ad ognuno mettemmo la croce con il nome.
In quei giorni, la mia famiglia mi avvisò che mio fratello Giovanni da tre anni prigioniero, era tornato a Milano. Chiesi permesso ed andai a Milano. Tornando in batteria portai fiori che portammo ai nostri cari defunti. Già era il 1919, incominciò il congedo delle classi fino al 1887, ma la mia rimase fino al mese di giugno. Sciolsero la mia batteria ed il personale fu incorporato all’artiglieria Campale con sede a Gemona. Io come furiere dovetti riportare i cannoni ed altri strumenti al distretto di Ancona da dove eravamo partiti.
Io portavo un caporale e un
soldato, quando arrivammo ad Ancona arrivò anche il reggimento 31 di artiglieria di campagna, al quale eravamo aggregati in
guerra. Fummo ricevuti con grande festa sotto gli
archi di trionfo. Dopo quindici giorni ad Ancona, il congedo non arrivava,
tornai al fronte alla batteria Campale con sede a Farla vicino
a San Daniele. Di lì a Gemona, poi a Bontebba e poi in Austria. Mentre
mi trovavo in Austria arrivò il congedo della mia classe 1888. Andai subito a
Jelsi alla mia casa paterna, con gioia ripresi il mio abito francescano, che avevo lasciato in custodia a mia sorella Concetta. Andai a
Pompei a ringraziare
STUDI FILOSOFICI E TEOLOGICI A ROMA E PARTENZA PER LE MISSIONI
Ritemprato nello spirito e nel corpo mi preparai per continuare gli
studi. Non avevo finito gli studi ginnasiali per la guerra, quando rientrai
avevo trent’un anni, il mio padre Provinciale ritenne
opportuno farmi studiare la filosofia, e andai a Bolsena. L’anno 1920, il
giorno di San Francesco feci
MISSIONARIO
Terminati gli studi feci la domanda per poter essere missionario in Cina, ma a quel tempo a Roma c’era il reverendo padre Gabriele Tommasini, commissario della Commissaria di Salta, Argentina fondata nel 1923 dalla nostra provincia di Aracoeli. Il Reverendo padre mi pregò affinché lo seguissi in America Latina, ed io per obbedienza e per essere riconoscente alla Provincia di Roma che mi aveva ricevuto e preparato fino al sacerdozio, accettai e mi preparai per viaggiare con altri miei due confratelli: padre Angelico Scipioni e padre Cipriano Petroselli.
ANNO SANTO 1925
Prima di partire visitammo quattro basiliche per
guadagnare il Giubileo, andammo più volte dal Santo Padre Pio XI, e poi
ad Assisi. Prima di partire ci concessero di andare a salutare le famiglie.
Alla fine di Ottobre ci imbarcammo a Napoli sulla nave
Nazario Sauro, a Napoli mi accompagnò mio cognato Donato Capozio, con le due
figlie che entravano in collegio. Viaggiammo in seconda classe, si stava bene,
la prima sosta la fece a Palermo, poi a Dakar
dove conoscemmo i veri negri dell’Africa, Rio de Janeiro,Santos,
Monte Video e finalmente arrivammo a Buenos Aires, dopo ventiquattro giorni di
viaggio. Poi viaggiammo in treno fino a Salta, alla
stazione trovammo il padre Raffaele Gabelli, lui ci offrì il pranzo e ci
accompagnò in convento. Dopo tre mesi che stavamo nel convento di Salta incominciammo a predicare ed a confessare, rimasi in quel
convento fino al dicembre
MIA SITUAZIONE NELLA PARROCCHIA DELLA NUOVA ORÀN 1930 - 1944
La parrocchia di Oràn fu sempre dipendente
della Curia di Salta, elevata a vicaria Foranea rimase sempre così, fino a
quando fu creata la diocesi nel 1960. La creazione della parrocchia di Oràn va con la fondazione della città avvenuta nel 1792.
Io successi a padre Sebastiano Cuenca, missionario francescano, prima di
lasciarmi tutti gli incarichi mi fece presente che
quella parrocchia era molto difficile evangelizzarla, per tanti motivi
soprattutto per le mancanze di strade che rendevano difficili i collegamenti
tra i villaggi, e poi per una forte dose di superstizione tra gli abitanti Ma con molta volontà e fiducia in Dio
cominciai ad organizzarmi. C’era tanta
gente bisognosa, molti venivano dalla grande pianura
del Chago, una delle popolazioni più lontane era la colonia di Rivadavia a
centocinquanta chilometri da Oràn. Questa gente aveva bisogno di tutto. Io
cercavo in tutti i modi di andarli a trovare ogni quaranta giorni,
attraversando strade impervie e piene di pericoli, erano pieni di animali esotici. Torniamo alla città, la piccola città di Oràn si va trasformando, nel
Anche al collegio Sant’Antonio si
fecero molte opere, cercai di far fare i lavori nel miglior
modo possibile, prima vennero attivate soltanto due aule, poi ne diventarono
otto, feci fare un mosaico nella cappella, un campo da pallacanestro per i
giovani, fece fare cinque piani pieni di aule, acquistai un pianoforte. Nel
1940 si inaugurò la sala di dattilografia, quindi la
scuola tecnica, poi si fondò
Nel 1943, io e un mio confratello lavoravamo con buoni esiti, quando scoppia la rivoluzione, cambiò il governo e ci fu anche un cambiamento sociale la massa degli operai seguiva Peròn , nel mese di giugno venne l’arcivescovo in visita pastorale, rimase contento e fece elogi specie per l’azione cattolica.
In quel periodo non ero molto in salute mi sentivo senza forze, forse per le continue occupazioni parrocchiali.
RINUNCIA DA PARROCO DI ORÀN COMMISSARIO DI SALTA VICE COMMISSARIO T. SANTA.
L’otto novembre
La seconda guerra mondiale aveva interrotto le comunicazioni con Roma.
Nel mese di ottobre del 1948 vennero a visitarmi il Rev.do padre Balio, ed il padre Angelico Scipioni mio successore ad Oràn.
Libero da ogni responsabilità, ricevuta l’obbedienza del padre generale mi preparai per tornare in Italia dai miei cari dopo ventiquattro anni. Furono otto mesi di pace e serenità, vidi che l’ Italia non era ancora del tutto ricostruita dopo la seconda guerra mondiale.
Al viaggio di ritorno portai con me un giovane missionario padre Sebastiano Vinciguerra. Tornai al convento di Salta come Vicario, lì stavo bene.
VICE COMMISSARIO DI TERRA SANTA A BUENOS AIRES
Nel mese di Maggio
Nel mese di Novembre del
Il padre commissario avvisò della mia grave malattia al padre generale e nominarono a Roma un nuovo commissario e un nuovo vice. Tornai a Buenos Aires e nel mese di Giugno partii per Roma per curarmi e riposare. A Novembre tornai in Argentina a Salta dove rimasi fino al 1957, quando mi nominarono un’altra volta vice commissario di Terra Santa e quindi tornai a Buenos Aires era la fine di Novembre e sono rimasto fino ad oggi: 1969.
VIAGGI
Sono stato quattro volte in Italia: nel 1947 – 1955 – 1962 – 1967.
Nel 1955 sono stato a Lourdes per
una settimana. Nel 1962 visitai
IL POPOLO JELSESE NELLA REPUBBLICA ARGENTINA 1949 – 1969
ASSISTITO DAL PADRE BERNARDO D’AMICO, MISSIONARIO FRANCESCANO
Dopo venticinque anni trascorsi in Argentina per la mia missione, tornai per la prima volta nella mia cara Patria. Quando ripartii per l’Italia, mi imbarcai a Buenos Aires, salutai tutti i miei concittadini Jelsesi tra i quali ricordo i Valiante, Tedeschi, Santella ecc. Alcuni vennero a trovarmi e mi accompagnarono al porto.
Arrivato a Jelsi, trovai un grande movimento e molto entusiasmo ad emigrare in
Argentina. A quel tempo le condizioni di viaggio e la situazione economica in
Argentina erano buone. Infatti la moneta argentina il peso era pari a centocinquanta lire. Io però esortavo i miei paesani a
non lasciare
A Buenos Aires mi aspettavano tutti i miei cari paesani, facemmo una riunione in casa del carissimo Antonio Di Domenico. Li esortai a conservarsi dei buoni cristiani Fu un giorno felice, ci salutammo ci abbracciammo, li benedissi augurandoci tutto il bene. Continuai il mio viaggio a Salta, giunto lì continuai la mia missione.
MIO TRASFERIMENTO A BUENOS AIRES. MAGGIO 1950
Il padre generale e delegato generale F. Pio M. Crivellari con lettere e
telegrammi mi chiamò a Buenos Aires per farmi carico dell’opera della Terra
Santa in tutta la Repubblica come vice commissario, così il 25 Maggio
Negli anni 1953 e 1954 festeggiamo soltanto in chiesa la nostra festa di Sant’Anna, ma dagli anni successivi si organizzò con solennità pubblica: messa con diaconi, il panegirico, la processione, la banda, fuochi d’artificio, sfilarono anche le pacchiane, le pecorelle e dei carretti con le trecce di grano. A quel tempo ero molto attento ai problemi sociali, cercavo prima di tutto di mantenere vivo il rapporto e i contatti tra gli emigrati e le loro famiglie rimaste in Patria.
CARTELLA SANITARIA DEL PADRE MISSIONARIO FRA BERNARDO D’AMICO
Da piccolo soffrivo di asma, la così detta
madre di latte contadina mi lasciava alcune volte al sole. Così i miei bronchi
ne risentirono, quando camminavo in fretta e camminavo
in salita spesso dovevo fermarmi. Questo problema durò fino ai venti anni,
quando feci il servizio militare, mi dava meno fastidio, ma il problema è
rimasto per tutta
Durante il servizio militare non ebbi problemi di salute, fui molto fortunato, perché più volte mi caddero vicino delle schegge ma non riportai nemmeno un graffio. Tornato in convento a Bolsena nel 1921, ebbi qualche problema, perché il mio superiore mi mandò a fare propaganda politica per il partito democratico cristiano. Era estate faceva molto caldo sudai e presi una pleurite che non fu curata bene. Poi quando ero già sacerdote stetti a Roma per curarmi e per stare a riposo. Tra il 1925 e il 1929 al convento di Salta stavo abbastanza bene, soltanto un pò di bronchite. Tra il 1930 e il 1934 ad Oràn spesso mi attaccò la dissenteria quindi avevo problemi intestinali. Nel 1934 mentre tornavo dalla missione Finca Sant’Andrea caddi da cavallo e stetti più di un mese con dolori alle ossa. Dal 1934 al 1944 ebbi spesso la febbre, nel 1944 quella da malaria deperito e triste anche per lo scoppio della seconda guerra mondiale il giorno di San Francesco caddi svenuto davanti all’altare. Mi ripresi bene, comunque durante le mie missioni tra Oràn e Buenos Aires mi attaccava spesso la dissenteria.
Tra il 1950 e il 1969 fui chiamato come delegato generale per farmi carico della Terra Santa in tutta la Repubblica come vice commissario fino al 1954 la mia salute resistette ai numerosi viaggi e a molte sollecitazioni. L’anno successivo per una caduta con il ginocchio destro si gonfiò la gamba, i dottori volevano operarmi, ma un mio amico chirurgo mi estrasse il liquido che si era formato senza operarmi. Nel 1961 questa volta non scampai il bisturi, mi operarono alla prostata alla clinica Marini di Buenos Aires. Nel 1962 quando ero in visita alla mia famiglia mi ammalai di bronchite e di polmonite e mi curò mio fratello. Poi nel 1965 ebbi una bronchite e una polmonite alcuni attacchi al fegato, stetti quindici giorni in clinica. Nel Gennaio del 1967 per un capo giro caddi tre volte e mi curarono nella clinica Omido. Nel 1968 ebbi continui disturbi intestinali e inappetenza, avevo una vescicola che è stata curata bene.
SACERDOTE ANTONIO D’AMICO (MIO ZIO) ORDINATO SACERDOTE NEL 1859
Nato a Jelsi il 18 Giugno 1835 e morto nel 1923, figlio di Vincenzo, fratello di mio padre a quindici anni entrò nel seminario di Benevento. Studiò sotto la direzione dei Gesuiti e fu ordinato sacerdote nel 1859, tornò in paese in famiglia, dove rimase fino alla morte. Giovane sano, modesto e simpatico, amato dai superiori e ben voluto da tutti, di sani principi, non volle prendere parte ai moti rivoluzionari del 1860 e per tale motivo fu molestato, accusato e portato due volte al domicilio coatto a Campobasso. Poi fu assolto da tutte le accuse e visse tranquillamente il resto della sua lunga vita.
Fu due
volte vicario foraneo e per molti anni fu cappellano della chiesa di San
Biagio. Dotato di ottima memoria, bellissima voce ma
in tutto questo modesto non si dedicò alla predicazione ma spiegava bene il
Vangelo. Aveva buone abitudini, faceva tutti i giorni
Possedeva una biblioteca semplice, ma con molti libri di teologia morale, e diritto canonico, e molte vite dei Santi, fra queste io lessi le più importanti. Voleva bene a tutti i nipoti, morì nel 1923, mentre io facevo il secondo anno di teologia, ma morì contento sapendo che un altro nipote avrebbe seguito la sua strada. Mio fratello Vincenzo dedicò alla memoria dello zio la Storia di Jelsi ed io dedico questa umile pagina in segnale di affetto e di gratitudine.
DOTTOR VINCENZO D’AMICO
Sento il dovere di ricordare questo caro fratello, che con il suo ingegno e con la sua professione fece onore alla famiglia e al Paese. Da seminarista e da medico studiò con grande impegno era sempre il primo della classe, conquistò medaglie ed altri premi della Nazione ed anche dal Papa nel 1900.
Si laureò nel 1902 e lo stesso
anno cominciò ad esercitare la sua professione in Paese, spesso veniva chiamato anche nei Paesi limitrofi. Durante la prima
guerra mondiale venne chiamato al fronte in un
ospedale con il grado di Capitano medico. Dopo la guerra tornò al Paese e
continuò la sua professione e si dedicò a scrivere molti articoli ed opuscoli storici
e scientifici, come per esempio l’invasione dei Bulgari in Italia. Il libro più
importante è intitolato Jelsi e il suo territorio scritto durante la sua
gioventù, raccogliendo notizie in molte biblioteche, come per esempio
Benevento, Napoli,
Roma. Questo libro, mi preoccupai di “pubblicarlo” nel
Poi entrò in politica con il partito democratico cristiano fu candidato come deputato e poi consigliere provinciale per molti anni, durante questo lungo periodo si interessò per le opere edilizie del Paese. Al convento fece tornare i frati francescani, fece costruire la scuola per tutto il popolo e tante altre opere. Morì il 20 Agosto del 1965 pianto con gran dolore da tutta la cittadinanza.
PONTEFICI CONOSCIUTI DA PADRE BERNARDO D’AMICO 1888 – 1969
Quando nacqui regnava il Pontefice Leone XIII, era savio ed eminentemente sociale. Con la sua enciclica “Rerum Novarum” proclamò i diritti e i doveri di tutte le classi sociali. Celebrò l’anno santo 1900 fu anno di pace, vennero a Roma pellegrini da tutto il mondo, io non andai in quell’occasione avevo appena dodici anni. Leone XIII morì all’età di novantaquattro anni, in quel periodo le relazioni con il governo non erano buone perché il Papa era considerato prigioniero nel Vaticano. Lo successe il patriarca di Venezia il quale prese il nome di Pio X. Nel 1911 ebbi la fortuna di conoscerlo, infatti andai con alcuni miei parenti, gli baciammo la mano e prendemmo l’Apostolica benedizione. Morì nell’Agosto 1914, e fu canonizzato nel 1950 da papa Pio XII.
Successe al trono pontificio il Cardinale di Bologna, Giacomo della Chiesa e prese il nome di Benedetto XV. Io lo conobbi nel 1916 durante il secondo anno della prima guerra mondiale. Ricevetti la comunione dalle sue mani e poi rimasi per cinque minuti a parlare con lui della guerra che era in atto. A Benedetto XV successe il grande Pio XI. Lo vidi diverse volte prima di andare in missione, fu lui a firmare il “Patto del Laterano” per risolvere il grande problema con il governo italiano e così si risolse la questione romana. Questo Papa inoltre, fondò l’azione cattolica. Morì nel 1939 allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Fu eletto Papa Eugenio Pacelli
segretario di Pio XI e prese il nome di Pio XII. Consigliò ed esortò alla pace
all’Italia e alla Germania ma non venne ascoltato, la
guerra fu lunga e disastrosa. Terminò nel 1945 con la vittoria degli alleati con
la disfatta del Eje. Il Santo Padre cercò di aiutare tutti, specialmente ai
prigionieri e ai rifugiati. Salvò Roma esortando l’esercito
tedesco di ritirarsi senza resistenza, Pio XII era stato in Argentina
come Cardinale “A Latero” nel 34° congresso eucaristico internazionale. Io non
lo vidi perché proprio in quel giorno celebravo nella mia parrocchia la prima
comunione a ben duecento bambini. Lo conobbi e ricevetti la sua benedizione al
Vaticano nel 1949 e nel
Lo successe il Cardinale Montini
che prese il nome di Paolo VI. Savio. Diplomatico e apostolico ha aumentato il
numero dei Cardinali ha compiuto molti viaggi tra cui in America, Asia, Terra Santa,
Colombia, Svizzera ed Africa. Il
GRATI RICORDI
Nel
Mi misero nel plotone “Allievi
Caporali”,nel mese di Giugno ci portarono a Venezia,
ci fecero fare gli esami e prendemmo i gradi da caporale maggiore, mi
trasferirono di nuovo a Venezia. Nel
In seguito presi la croce di guerra e la medaglia d’argento della Madonna del Grappa della 4° armata firmata dal generale Giardino.
VITA DA RELIGIOSO
Arrivai a Salta nella Repubblica Argentina nel 1925
Nel
1927 procuratore e vicario del convento di Salta.
1929 parroco e vicario foraneo della grande parrocchia di Oràn superiore e direttore del collegio di San Antonio di Oràn.
1955 il governo argentino mi concesse la pensione vitalizia come vicario foraneo della città di Oràn per i miei trenta anni di servizio.
1962 andai in Terra Santa il giorno della Pasqua e mi consegnarono la Croce d’oro del Papa Leone XIII.
ALBERO GENEALOGICO DELLA FAMIGLIA VINCENZO D’AMICO
Vincenzo D’Amico nato ad Jelsi, provincia di Campobasso nel 1795 si sposò con Maria Mozzo nel 1817. Mio nonno, Vincenzo D’ Amico, ebbe sei figli: tre maschi e tre femmine. I maschi sono Salvatore, Antonio, Giuseppe, le femmine sono Cecilia, Rosa e Teresa. Cecilia si sposò con Valiante, Rosa con Filippo Testa e Teresa volle rimanere nubile per assistere suo fratello Antonio, sacerdote. Poi assistette tutti i figli di suo fratello Giuseppe che ne erano ben quattordici. Ella morì nel 1900 come una santa.
Salvatore si sposò con Felisa Valiante non ebbero figli e morì anche lui nel 1900.
L’altro fratello Antonio nacque nel 1832, per la sua pietà ed intelligenza entrò nel seminario di Benevento e fu ordinato sacerdote nel 1859. Per più di sessanta anni esercitò l’apostolato con la parola e con l’esempio, con una condotta ammirabile. Rimase sempre nel paese ebbe le cariche di Vicario foraneo, e di canonico partecipante, e fino alla morte fu cappellano della chiesa di San Biagio. Morì nel Gennaio 1923.
Giuseppe mio padre, nacque nel
1842 e si dedicò ai lavori di campagna per tutta
Vincenzo studiò nei seminari di
Benevento e di Capua, dove prese la licenza liceale. A diciannove anni lasciò
la carriera ecclesiastica ed entrò all’università di Roma, dove si laureò
medico chirurgo nel
Antonio nacque
nel Gennaio 1885 per tutta la sua vita si dedicò al lavoro dei campi,
fece il soldato da permanente, e si congedò con il grado di caporale maggiore.
Si sposò con
Tornò in famiglia nel 1918 e nel 1920 rimase vedovo. Educò tutti e sei figli e li sistemò tutti, grazie anche all’aiuto di suo fratello Vincenzo.
Giovanni l’ultimo dei sei fratelli, nacque nel 1891, e studiò come seminarista a Benevento a diciotto anni lasciò e intraprese la carriera militare con il grado di sottotenente. Prese parte alla prima guerra mondiale ferito sul Carso e guarito tornò in prima linea rimase prigioniero per due anni in Austria. Tornò nel 1918. Si sposò con Maria Brindisi nel 1921 e continuò nella carriera militare (n.d.r.). Comprò casa a Milano, nel 1941 andò al comando del reggimento di fanteria, partì per la seconda guerra mondiale, ma prima di imbarcarsi a Napoli cadde e riportò gravi ferite, dopo quindici giorni morì nell’ospedale militare, fu sepolto nel cimitero militare di Milano.
Fra Bernardo D’Amico
Archivio Storico Dott. D’Amico
Vincenzo