Don Aurelio Pulla
Dice uno psicologo
che la prima boccata di aria che un neonato respira
abbia una forte influenza nel suo carattere. Credo che per me questa affermazione sia profondamente valida. Penso che
l'essere nato a Limosano e l'aver trascorso
l'infanzia e la fanciullezza in questo nostro
paese (le estati degli anni del mio cammino verso il Sacerdozio, dal 1940 al 1952, gli anni della guerra e del
dopoguerra), sia stato determinante per la mia
vocazione e per la scelta dello stile della
vita sacerdotale. Insieme a questa aria c'è stato il clima respirato nella mia famiglia e il rapporto col nostro
Arciprete, don Nicola Casamassa, dei Salesiani,
con don Peppino Pulla e don Emilio Pollice, che
venivano per le vacanze.
Qualche ricordo di quegli
anni? La scuola elementare: classi molto numerose,
ma tanti solo alla seconda, poi in campagna a lavorare e a pascolare le pecore. I ragazzi figli di artigiani, dopo
la scuola e durante le vacanze andavano dal "mastro": sarti, calzolai,
fabbri, falegnami, ecc.
I giochi? La sfida a pallone tra il "baglio", il
"convento" e il "borgo". L'allenamento?
Con le palle di pezza. E poi a "votta muro", con i bottoni o con i
centesimi, a "n'gopp a lu mierc" o i "concerti" con gli strumenti di canne e le casseruole. La vita religiosa? Mai si
mancava alla Messa domenicale, al catechismo
o al "Primo Venerdì".
Un momento determinante per la mia vocazione è stato, senza
dubbio, quando don Nicola propose a mio padre di mandarmi in Seminario a
Benevento: ed io che avevo nel profondo dell'anima questa inclinazione al Sacerdozio,
accettai con gioia ed impegno. La scuola in Seminario
era seria, la disciplina molto rigida.
Nel 1943 ho fatto gli esami di terza media. A settembre-ottobre, prima i tedeschi, poi i canadesi sono passati nel nostro
paese. Sono stati momenti molto duri, cui seguì
anche uno sbandamento morale. Nel 1944 nessuno
di noi che studiavamo ha potuto frequentare regolarmente la scuola: il nostro
professore era don Armando Fracassi. Tra i miei compagni
ricordo Gino Pagano, Nicolino Pergola, Erminio
Minicucci.
Altro momento fondamentale per la mia vocazione, nella crisi
dell'adolescenza, è stata la sera della
Prima Domenica di ottobre del 1944, festa del
Rosario. La Chiesa di Santa Maria era strapiena; io arrivai in ritardo e non riuscii a passare avanti, così
salii su una sedia per farmi vedere da mio padre che, come sempre, sedeva accanto all'altare. Il mio sguardo si incrociò con lo sguardo di
mio padre. Quando tornai a casa papà mi
chiese "Dove sei stato?" ed io "Papà non mi hai visto? Non sono potuto passare!" e lui
replicò "Sì ti ho visto, ma era quello il
tuo posto? lo mi sono vergognato di te questa sera;
il tuo posto doveva essere accanto all'Arciprete. Tu sei libero di fare la tua
scelta, ma se vuoi continuare per questa strada sai qual
è il tuo posto e lì devi stare." Avevo 16 anni
e mio padre aveva intuito la crisi e lo sbandamento della mia adolescenza, ma quelle parole hanno fatto sì che io potessi
proseguire il mio cammino di formazione con maggiore impegno e perseveranza. Passai, quindi, al Seminario Maggiore per il liceo e, poi, per il Corso Teologico.
Nelle vacanze dopo il secondo anno di Liceo Classico, tornando a
Limosano, cominciai a riunire i ragazzi sul campo sportivo
per giocare e per fare Catechismo e così, poi, per ogni periodo di vacanze. I
ragazzi mi aspettavano all'autobus, il "postale", e all'arrivo, mi facevano
sempre tante feste. In quegli anni rilanciammo la squadra di calcio, i "vecchi
giocatori", avevamo qualche perplessità e riserva, ma noi siamo andati sempre avanti. Il mio modello per stare coi ragazzi ed i giovani è stato, e lo è ancora oggi, San Giovanni Bosco.
Il 20 luglio 1952 fui ordinato Sacerdote. È difficile dire la gioia, la festa, i progetti, i sogni di quei giorni. Nel maggio 1953 mi ammalai di una grave pleurite che mi tenne tre mesi a letto con la febbre, fino ad
agosto. Il primo anniversario della ordinazione sacerdotale,
infatti, celebrai a casa (allora ci voleva il
permesso della Santa Sede). Tanti progetti,
tanti sogni mi sembravano crollare, ma lentamente mi ripresi. Dopo la convalescenza, nel marzo 1954, l'Arcivescovo
Mons. Agostino Mancinelli mi mandò parroco a
lelsi, dove sono stato fino all'ottobre 1974.
Poche righe di questa
esperienza: la prima scelta e impegno erano i
ragazzi e i giovani, con molto rispetto verso gli anziani. Molta attenzione a
preparare i collaboratori parrocchiali, i dirigenti e le catechiste. Ogni anno si organizzava la gita catechistica in cui
prendevano parte fino a trecento ragazzi e
giovani.
A lelsi mi hanno voluto veramente bene, hanno messo a frutto
gli insegnamenti e la formazione spirituale. A
Montreal mi hanno fatto tanta festa, insieme ai
limosanesi quando, nel 2002, ho celebrato le mie
nozze d'oro sacerdotali. In Canada sono stato altre due volte, prima di allora, una nel 1982 a Toronto per la Madonna del
Rosario e poi nel 1997 a Montreal e Toronto per
la festa di San Ludovico.
Nel settembre 1974, per mia
scelta e per l'esperienza spirituale nel movimento dei foco-
lari di Chiara Lubich, chiesi
all'Arcivescovo, mons. Raffaele Calabria,
il trasferimento e mi nominò parroco a Benevento nella basilica di San Bartolomeo,
volevo iniziare una nuova esperienza sacerdotale!
Dopo 13 anni ho ricominciato di nuovo in
un'altra parrocchia in un quartiere di periferia, a Capodimonte. Dopo anni di attesa stiamo ora
completando la Chiesa e il complesso parrocchiale.
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