Parrocchia “S. Andrea Ap.” in JELSI (CB): VIII Lettera pastorale in onore di S. ANNA

Gemellaggio tra Jelsi (la Festa del Grano di S. Anna), S. Martino in Pensilis (la Carrese di S. Leo), S. Marco dei Cavoti (BN) e i mietitori di Lupara (CB): Un intreccio di fede vissuta e di storia feconda per dare colore e forza ai nostri giorni

Tanti preparativi dicono la festa che con pazienza e competenza si offre nel suo 208° anno alla “Gran Madre delle Messi” S. Anna, quest’anno insieme ai mietitori di Lupara, ai carri di S. Martino in Pensilis e di S. Marco dei Cavoti. Festa arricchita dal gemellaggio spirituale con S. Leo per far riscoprire ai nostri paesi molisani, a vocazione agricola: la gioia del frumento, la perseveranza dei buoi, il profumo dei campi e il senso vivo di antiche tradizioni che colorano nella quotidianità il percorso della fede. Paesi che si gemellano perchè accomunati dalla radice spirituale del lavoro che diviene sapienza rurale, dove ogni vissuto si fa dono d’amore. Si! Si respira davvero l’aria della festa nell’entusiasmo dei ragazzi, nella passione dei giovani, negli occhi pieni di stupore degli emigrati grati alla terra d’origine, nel lavoro del comitato festa, dei traglieri, dei treccianti, dei carristi, di grandi e piccoli che dicono un “miracolo d’amore”: S. Anna. Festa costruita con gratuità e con laboriosità da tanti mani, che intrecciano spighe, riscoprono tradizioni che avanzano nel tempo arricchite da forme artistico-spirituali che si àncorano all’antica devozione. La mietitura rappresenta la ricchezza delle nostre genti, l’oro dei campi che adorna il nostro paese. Allora è commovente vedere il sole che solca i visi delle nostre donne che con fede e gioia si dedicano alla preparazione degli steli di paglia e con abilità lavorano le spighe che si fanno trecce d’amore. Tante persone, amici e parenti dedicano tempo e risorse per la realizzazione di carri, fiore all’occhiello della nostra tradizione. Il desiderio di mantenere un tratto di continuità con i loro avi cercando di consegnare alle future generazioni le memorie e gli usi locali: la scuola di trecce e la scuola dei carri! Tradizione e fede, identità e futuro, memoria e profezia che si intrecciano nel sacro e diventano aggregazione, confronto interculturale e intergenerazionale, coesione sociale e benedizione di speranza per tutti. E di fede che si fa speranza parla questo messaggio pastorale. Infatti ringraziando Papa Benedetto per la sua scelta di coraggio e Papa Francesco per la lezione di semplicità e umiltà ci lasciamo istruire dall’insegnamento della sua I° Enciclica Lumen Fidei, che ho letto sull’aereo di ritorno dal saluto ai nostri emigrati in Canada. Ho colto i passaggi essenziali che vi offro. “La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi e luce per la strada che orienta il nostro cammino nel tempo. Da una parte, essa procede dal passato, è la luce di una memoria fondante, quella della vita di Gesù … Allo stesso tempo, però, poiché Cristo è risorto e ci attira oltre la morte, la fede è Luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro “io” isolato verso l’ampiezza della comunione” (n. 6). “La fede è legata all’ascolto. Abramo non vede Dio, ma sente la sua voce. In questo modo la fede assume un carattere personale… La fede è la risposta a una Parola che interpella personalmente, a un Tu che ci chiama pe nome” (n. 8). “Credere significa affidarsi a un amore misericordioso che sempre accoglie e perdona, che sostiene e orienta l’esistenza, che si mostra potente nella sua capacità di raddrizzare le storture della nostra storia. La fede consiste nella disponibilità a lasciarsi trasformare sempre di nuovo dalla chiamata di Dio” (n. 13). “La prova massima dell’affidabilità dell’amore di Cristo si trova nella sua morte per l’uomo. Ecco perché gli evangelisti hanno situato nell’ora della Croce il momento culminante dello sguardo di fede, perché in quell’ora risplende l’altezza e l’ampiezza dell’amore divino. In questo amore, che non si è sottratto alla morte per manifestare quanto mi ama, è possibile credere” (n. 16). “Nella fede, Cristo non è soltanto Colui in cui crediamo, la manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche Colui al quale ci uniamo per poter credere. La fede, non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere. In tanti ambiti della vita ci affidiamo ad altre persone che conoscono le cose meglio di noi. Abbiamo fiducia nell’architetto che costruisce la nostra casa, nel farmacista che ci offre il medicamento per la guarigione, nell’avvocato che ci difende in tribunale. Abbiamo anche bisogno di Qualcuno che sia affidabile ed esperto nelle cose di Dio, Gesù, suo Figlio” (n. 18). “Colui che crede è trasformato in una creatura nuova, riceve un nuovo essere, un essere filiale, diventa figlio nel Figlio” (n. 19) e “la vita si apre a un Amore che ci precede e ci trasforma dall’interno, che agisce in noi e con noi” (n. 20). “Nella fede, l’io del credente si espande per essere abitato da un Altro, per vivere in un Altro, e così la sua vita si allarga nell’Amore” (n. 21). Ai nostri santi chiediamo di conoscere la verità nell’amore. “La domanda sulla verità è questione di memoria profonda. E’ una domanda sull’origine di tutto, alla cui luce si può vedere la meta e anche il senso della strada comune” (n. 25). “E’ in questo intreccio della fede con l’amore che si comprende la forma di conoscenza propria della fede, la sua forza di convinzione, la sua capacità di illuminare i nostri passi. La fede conosce in quanto è legata all’amore, in quanto l’amore stesso porta una luce” (n. 26). “Solo in quanto è fondato sulla verità l’amore può perdurare nel tempo, superare l’istante effimero e rimanere saldo … Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena” (n. 28). “L’ascolto della fede avviene secondo la forma di conoscenza propria dell’amore: è un ascolto personale, che distingue la voce e riconosce quella del Buon Pastore (cfr Gv 10,3-5)… Alla fine, credere e vedere s’intrecciano: “Chi crede in me, crede in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato” (Gv 12,44-45). Grazie a quest’unione con l’ascolto, il vedere diventa sequela di Cristo” (n. 30). “Invitando alla meraviglia davanti al mistero del creato, la fede allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si schiude agli studi della scienza” (n. 34). “La fede fa comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento ultimo e il destino definitivo in Dio” (n. 51). “Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore” (n. 53) ed è lampada che guida nella notte i nostri passi. “Nell’unità con la fede e la carità, la speranza ci proietta verso un futuro certo… Non facciamoci rubare la speranza” (n. 57). Accompagnati da S. Anna e S. Leo chiediamo una fede non privata ma pubblica, non individualistica ma che nasce da un ascolto e si pronunci per diventare annuncio. E sapendo che non c’è altezza senza profondità e che “la gioia è il segno più chiaro della grandezza della fede” (n. 58) ci auguriamo:

Di scoprire Dio come proprio alleato. “Da Colui che ha fatto te, non allontanarti neppure per andare verso di te” scrive S. Agostino. Il Dio dell’amore che colora i giorni della vita e infonde forza. Dio che scommette e fa il tifo proprio per te, poiché come spesso dice Mons. G. Bregantini: “Tu solo puoi farcela ma non puoi farcela da solo”.

Di esporci alla Sua Luce per incrociare il Suo sguardo, sentire la Sua presenza paterna, amarlo nelle pieghe della storia, servirlo nei volti del prossimo, nei crocicchi della quotidianità. E la Sua Luce accolta ci farà vivere l’ordinario in modo straordinario! Scrive Papa Francesco: “Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male, la strada che porta alla meta da quella che ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza direzione” (n.3). E ancora: “L’architettura gotica l’ha espresso molto bene. Nelle grandi Cattedrali la luce arriva dal cielo attraverso le vetrate dove si raffigura la storia sacra” (n. 12).

Di alzare lo sguardo nell’azzurro e nell’immensità del cielo, per il desiderio di Dio e l’anelito d’Infinito scritto in ogni cuore. Porre alto lo sguardo per contemplare la Luce, sentirsi parte di Dio e del suo pro-getto (ciò che ci getta avanti) e da Lui chiamati per nome. Non siamo fatti per la terra ma per la patria celeste. “La nostra terra senza il cielo è fango, con il cielo diventa giardino” (Mons. Bregantini). Via allora l’egoismo e spazio all’Amore. I nostri amati santi ci aiutino ad essere pellegrini gioiosi nella storia verso il suo compimento.                       Auguri: Don Peppino C. (26/07/2013)

CON GLI AUGURI DELL’ARCIVESCOVO DI CB-BOJANO P. GIANCARLO M. BREGANTINI

Con grande affetto per tutti voi, ed il pensiero cordiale a Papa Francesco e a tuti i giovani della GMG (Giornata Mondiale dei Giovani) sotto la protezione di S. Anna.

+ Padre GianCarlo, Vescovo