Azione e Contemplazione

Convegno Internazionale

Jelsi ricorda Padre Josè Tedeschi con

Il benvenuto preparato in maniera calda e raffinata  dai ragazzi e dai docenti della Scuola “Josè Tedeschi” di Jelsi guidati dalla Dirigente Anna Maria Pelle.

La Scuola ha offerto, tenuto dagli stessi alunni, un Concerto Musicale che ha fatto da cornice musicale ai lavori di ricerca e di approfondimento sul martire Josè Tedeschi presentati dai ragazzi.

Si  è aperto quindi il Convegno di Studi su Giuseppe Tedeschi con la Sala Santella gremita fino all’inverosimile da ragazzi, giovani e adulti.

 Relatori: L’illustre  Ambasciatore Argentino presso la Santa Sede Eccellenza Juan Pablo Cafiero, l’Arcivescovo di Campobasso Mons. Giancarlo Bregantini, il testimone, attore e regista Orazio Czertok, la suora francese Geneviève Jeanigros delle piccole sorelle di Charles de Foucauld, L’esperto Jorge Ithurburu responsabile della Onlus 24marzo.it,  il Sindaco di Jelsi Salvatore D’Amico, il Parroco Don Peppino Cardegna, il consigliere regionale del Molise Michele Petraroia, lo storico popolare Antonio Maiorano e la biblista Argentina Maria Antonia Santella. Hanno partecipato con contributi scritti e relazioni  il responsabile del forum degli Italiani nel Mondo Norberto Lombardi e il Fratello di Padre Josè l’Ing. Filippo Tedeschi

Il Convegno aperto dai saluti del Sindaco di Jelsi Ing. Salvatore D’Amico che ha indicato questo martire come modello di valori incarnati e vissuti fino all’estreme conseguenze e del Parroco di Jelsi Don Peppino che ha ricordato il missionario salesiano come Testimone di fede, di speranza e di coraggio cristiano. I lavori

sono proseguiti con una relazione densa e di taglio olistico dello storico popolare Antonio Maiorano sul  pensiero di Padre José Tedeschi sottolineando che la sua vita e azione pastorale rappresentano  ancora oggi una sfida e una provocazione che non cessano di interrogare la nostra coscienza. La figura di questo Uomo straordinario e “controcorrente”, ci colpisce  ancora e soprattutto in virtù della perfetta unità di pensiero, azione e contemplazione che contraddistingue il suo percorso  esistenziale e spirituale. La sua inappagabile sete di verità e di  giustizia lo portò a condividere le sofferenze altrui nella scelta preferenziale degli ultimi e a cercare di pensare, sia in termini di etica politica che di fede, il drammatico problema della povertà, attraverso il quale si rivelò il mistero  della croce e resurrezione di Gesù Cristo, che fu per lui una fonte costante e sublime di insegnamento. Proprio questa partecipazione diretta alle sofferenze degli uomini del suo tempo rappresentò il punto di partenza dell’itinerario pastorale di Giuseppe Tedeschi profondamente segnato dalla consapevolezza dell’inestricabile intreccio di bene e male, di reale e soprannaturale, di azione e contemplazione.

 

Il responsabile del forum degli Italiani nel Mondo Norberto Lombardi (con un contributo scritto)  ha rivolto a  tutti l’esortazione a ricordare Padre Tedeschi senza rinchiuderne la memoria in una teca o farne, come si dice, un “santino”. Convinto, infatti, che al di là del rispetto e della devozione che merita un uomo tanto generoso ed esemplare come Padre Tedeschi, la sua figura e la sua vicenda meritino di essere interrogate ancora oggi per trovarvi spunti e indicazioni per il nostro presente.

Padre Tedeschi ha reso la sua testimonianza di carità e di impegno in condizioni estreme, senza arretrare di fronte ai pericoli portati dalle formazioni paramilitari; lo ha fatto nell’isolamento nel quale il populismo costringe i portatori di verità e gli eversori di ingiustizia sociale, che sono i suoi peggiori nemici. Ma, sia pure in condizioni diverse e fortunatamente meno drammatiche, l’esigenza di far emergere i bisogni sociali reali, di confrontarsi con spirito di verità sulle cose da fare per realizzare il bene comune, di costruire legami umani e civili, sia pure in contesti molto diversi, esiste anche qui e ora, nella civile Europa. In essa, infatti, esistono e operano diverse forme di populismo, amplificate dagli strumenti di comunicazione di massa, che intossicano la democrazia e confondono il cammino da percorrere per uscire dalle difficoltà del presente. La crisi profonda che viviamo e la regressione che si manifesta sul piano sociale impone anche a noi, come fece Padre Tedeschi, di ripartire dagli ultimi, di dare sostegno a chi non ha la forza di camminare da solo e di ridare speranza a chi, i giovani soprattutto, non vedono, e forse non hanno, un futuro.

L’esperto Jorge Ithurburu responsabile della Onlus e del sito omonimo 24marzo.it si è soffermato sulla necessità di non dimenticare e di fare giustizia e ha parlato del  coinvolgimento delle nostre autorità diplomatiche e della magistratura, per fare chiarezza sul suo assassinio e perseguire le responsabilità dirette e indirette ad esso connesse, tutto ciò risponde a un’esigenza di verità e giustizia che travalica il fosco periodo della dittatura militare in Argentina. La Democrazia in quanto tale, sotto tutte le latitudini e in ogni momento, si alimenta di verità. E la verità è un guscio vuoto se non si riempie di giustizia: di atti di giustizia capaci di immunizzare la violenza che prevarica la libertà e di atti di giustizia che diminuiscano la distanza e la separazione tra gli uomini sul piano sociale e civile. Tutto quello che era in nostro potere per avere giustizia lo abbiamo messo in pratica.

Jorge Ithurburu è nato a Las Heras, in Argentina, il 5 agosto 1959, e vive in Italia dal 1980. Sulla sua pelle ha vissuto la tragedia della dittatura e ha sempre lottato affinché la Giustizia trionfasse. La sua battaglia l'ha condotta militando nella Lega per i Diritti dei Popoli di Milano e fondando il Comitato promotore del processo Esma (Escuela Mecánica de la Armada, uno dei più grandi centri di detenzione illegale e tortura) in Italia - per i crimini contro cittadini di origine italiana - grazie alla pressione del quale si è arrivati ad azioni giudiziarie che hanno poi portato alle sentenze del 6 dicembre 2000 e del 14 marzo 2007 entrambe emesse dal Tribunale di Roma. La prima è una storica sentenza della Corte di Assise della capitale che ritiene provata la consumazione di una serie di reati gravissimi (omicidio, rapina, sequestro di persona, lesioni, sostituzione di stato, violenza carnale ed altro), commessi da numerose persone (quasi tutte operanti nell'organico della pubblica amministrazione argentina) ai danni di cittadini italiani durante la dittatura dei colonnelli in Argentina. Con la seconda, sempre la Corte d'Assise di Roma ha condannato all'ergastolo cinque ex ufficiali della Marina accusati di aver sequestrato, torturato e poi ucciso Angela Maria Aieta e Giovanni e Susanna Pegoraro. Ecco cosa ha detto Ithurburu nella sua lunga attività di promozione e difesa dei Diritti Umani: In Argentina da molti anni, a ogni manifestazione, cantiamo uno slogan che termina dicendo "Fino all'ultimo giorno vi cercheremo, vi verremo a cercare sempre". Ecco, è quello che abbiamo fatto. Massera è morto, ma non lo abbiamo mai lasciato un giorno tranquillo. Mai gli abbiamo permesso di dimenticare quanto male ha fatto agli argentini. La sua vita l'ha trascorsa con la Giustizia sul collo. Tutto quello che era in nostro potere per avere giustizia lo abbiamo messo in pratica. Il Processo a Massera (morto durante la sua celebrazione) Ha portato alla luce tante verità. Ha fatto rincontrare tanti rifugiati con i loro familiari e fatto conoscere parenti mai visti prima. Non dimentichiamo che tanti sopravvissuti, tanti testimoni non sono mai più potuti tornare in Argentina da allora. Grazie al processo, ci sono tanti pezzi del puzzle della verità che altrimenti mai sarebbero saltati fuori. Grazie alla pressione, all'attenzione dei cittadini che mai hanno dimenticato, e soprattutto grazie ai processi. Quindi al di là della persona di Massera, che è stato inchiodato e a cui abbiamo tolto ogni afflato di libertà, assillandolo con periti a casa, procedure, indagini, testimonianze, i processi sono serviti ai familiari delle vittime, a ritrovarsi, a sostenersi, a farsi forza. Lui è morto, ma quel che ha fatto non morirà mai.

 

 

 

 

 

Ha proseguito Orazio Czertok attore regista, con grande esperienza di teatro tra gli emarginati e nelle Istituzioni Totali, con la sua agghiacciante testimonianza di sopravvissuto alle squadre paramilitari della tripla A (Alleanza Anticomunista Argentina) e alla repressione violenta della Dittatura Militare.

 

 

Toccante e ricco di umanità  il racconto della suora francese Geneviève Jeanigros delle piccole sorelle di Charles de Foucauld che ha presentato il libro "Una voce argentina contro l’impunità". Il libro di Calude Mary, edito da 24marzoOnlus, racconta la storia di Laura Bonaparte, madre de Plaza de Mayo, che ha visto scomparire tra il 1975 e il 1977 in Argentina quasi tutta la sua famiglia: due figlie, un figlio con i rispettivi coniugi così come il padre dei suoi figli. Tutti portati via dalla più sanguinaria delle dittature. Suor Genevieve è nipote della suora francese Leonie Duquet desaparecidos  con un'altra consorella  vittime della insania patriottica ammantata di violenza di Astiz.

Suor Genevieve ha presenziato al processo contro l’angelo della morte, Alfredo Astiz, uno dei volti più ignobili della feroce dittatura militare argentina che negli anni dal 1976 al 1983 ha prodotto 30 mila desaparecidos. Astiz è  condannato alla “cadena perpetua”, l’ergastolo, oggi in Argentina.

L’arcivescovo Mons. G. Bregantini ha schematizzato il suo intervento in tre punti 1-chiarire la verità storica su Jose Tedeschi 2- Inquadrare la dimensione teologica di Padre Jose  che  invita a riflettere sul martirio che è  come affermava Tertulliano seme di nuovi cristiani 3-come ricordarlo (Jose Tedeschi) oggi nel Molise? Nella nostra regione oggi chi soffre l’ingiustizia sono i giovani che vivono nella precarietà e nella disoccupazione… vince il male chi investe nel futuro catturando l’onda lunga del bene. Bisogna esercitarsi nella pedagogia della memoria affinché l’avvenire diventi giustizia, verità e amore. Rinnovando l’invito a lottare insieme perché “Tu solo puoi farcela, ma non puoi farcela da solo”.

Filippo Tedeschi ingegnere fratello di Josè (con un contributo scritto) ci ricorda la data del 2 Febbraio 1976 Data da tenere nella memoria collettiva del nostro paese. Non per ricordare un fatto tragico, ma soprattutto per tenere nella nostra memoria il valore e la nobiltà di una figura che diventa tanto più grande quanto misera e priva di ogni ragione è stata la volontà di ignobili persone di annientarlo. Non hanno tenuto conto che la missione abbracciata da Padre José andava oltre la miseria politica di individui senza scrupoli. Non hanno valutato l’onda lunga che il bene ha sul male: supera ostacoli, barriere, confini e cuori e abbraccia l’onestà intellettuale di quelli che capiscono e misurano il sacrificio con altri valori e peso. Non hanno capito che lui è rimasto povero tra i poveri per scelta, che ha dato la vita per VIVERE tra i suoi e che la morte supera i confini del passato e del presente per proiettarsi al futuro con una forza sconvolgente, che è quella del modello a esempio di quelli che sanno apprezzare i gesti semplici ed umili. Ma non hanno capito nemmeno che quella semplicità ed umiltà non significava timore alla brutalità costituita in potere: potere della forza e delle armi che non può sottomettere le coscienze. Giuseppe Tedeschi, figlio di questa terra di Jelsi che ha voluto e portato sempre nel cuore, ha vissuto un epoca amara e vile in una terra lontana, l’Argentina, che l’aveva accolto come un figlio in più e rimpiange la sua voce e presenza tra i più umili. Io sicuramente non sono degno di innalzare la sua figura, cosa che neanche desidero, perché non ha bisogno. Io, come fratello, voglio solo tener viva la sua memoria, perché altri sappiano alzare le bandiere e continuare la corsa. La corsa è lunga e ci richiede di stare sempre vigili! Ringrazio tutti voi per quanto fate in questo senso.

La Biblista Maria Antonia Santella amica di José insieme ad Antonio Maiorano (con un contributo scritto) ci ricordano che Josè fu ed é un Testimone autentico della totalità e radicalità del Vangelo nella "NUOVA EPOCA STORICA", il KAIROS: "Tempo propizio ed esigente in cui Dio fa sentire la sua voce". Il Documento di Medellin lo definisce come Testimonianza, Solidarietà, Riflessione e Martirio. Questa convinzione di fede integrale ha portato a Jose a impegnarsi nella lotta per la giustizia con l'obbiettivo di raggiungere la pace. Lotta che nasce dalla povertà reale, come male non desiderato da Dio. Povertà spirituale come disponibilità alla volontà di Dio. Solidarietà con i poveri nella  protesta contro le situazioni che soffrono e la denuncia delle cause che la producono. A tutto ciò dobbiamo aggiungere la coerenza che lo distingueva.  Quello che predicava, con le opere lo dimostrava la sua profonda semplicità, austerità di vita.  Potendo far diversamente ha avuto il coraggio di non cedere. Davanti alla testimonianza del martirio, i giochi di potere, le accuse, i timori appaiono in tutta la loro meschinità e rendono evidente il proprio distacco dal Vangelo. Lui come tanti altri testimoni in America Latina, evidenziano la fede nella risurrezione del Signore, dimostrando che quelli che seminano la morte se ne andranno a mani vuote e solo quelli che difendono la vita hanno le mani piene di storia. Lui ha guardato lontano, al di là del suo mondo, dei suoi interessi per accogliere il Signore nei segni dei tempi.

L’Ambasciatore d’Argentina, presso la Santa Sede, Eccellenza Juan Pablo Cafiero nel chiudere il Convegno ha ringraziato per il cortese invito per partecipare alla conferenza su Padre Tedeschi ed ha affermato, ribadendo il messaggio inviato al Convegno di settembre a Roma presso il Parlamento, che è di grande importanza, per noi tutti, ricordare coloro che a causa della propria attività pastorale e impegno cristiano hanno sofferto pagando con la propria vita, così com’è accaduto al Padre José Tedeschi, e come accade a tanti credenti e non credenti che con vera decisione contribuiscono a costruire un mondo dove possano regnare la giustizia sociale e la pace.

Il suo impegno pastorale in favore dei più umili è ricordato nella zona di Quilmes, dove si trovano le baracche di “Villa Itati’”. Quilmes è un centro urbano di grandi dimensioni e proprio in “Villa Itati’” vivono tante famiglie che quotidianamente lottano per migliorare le loro condizioni di vita. Così osservò tanti anni fa Padre Tedeschi, e da allora s’impegnò con la povera gente a rovesciare quella disastrosa situazione.
La ricerca della verità, il mantenere viva la memoria degli eventi del passato, la lotta contro ogni impunità e la difesa dei diritti umani, sono punti fermi sui quali si poggia la democrazia argentina. Abbiamo imparato a capire che in assenza di memoria gli errori del passato si ripetono più facilmente, e con umiltà possiamo affermare che tutti insieme abbiamo contribuito a costruire un sistema politico basato nella libera difesa dei diritti elementari, tutto ciò affinché la nostra società mai più sia esposta a qualunque dittatura.

Il consigliere regionale del Molise Michele Petraroia fondatore dell’Associazione Giuseppe Tedeschi (che attualmente ha una socia volontaria in Africa) ha chiuso i lavori lanciando l’idea condivisa di un gemellaggio tra la nostra scuola, l’università del Molise con istituti scolastici di pari grado e l’università di Quilmes praticando la pedagogia della memoria sostenendo attività concrete come quella della Onlus 24marzo.