Parrocchia “S. Andrea Ap.”, Largo Chiesa Madre n. 10, 86015 JELSI – CB
Traglie, carri e trecce in onore di S. Anna. Segni di una fede operosa che plasma e costruisce passando di mano in mano, di generazione in generazione
VII Lettera pastorale in onore di S. Anna, Protettrice e Compatrona di Jelsi (CB)
“La FESTA di SANT’ANNA fu istituita qui in Ielsi, del pari che in altri comuni della provincia, dopo il tremuoto del 26 luglio 1805, avendo i nostri antenati con vera fede attribuito alla protezione della gloriosa Madre della Vergine se in tanto flagello le persone ebbero quasi tutte salva la vita. In onore di cotanto inclita Protettrice, ed a ricordo dello scampato pericolo degli avi, Ielsi con vero slancio di fede e di civili sentimenti, quest’anno celebra con grande fasto il centenario della più importante sua Festa”. Così recita il Manifesto del Comitato nel Centenario della Festività di Sant’Anna in Ielsi, luglio 1905. Devozione presente già prima nei fedeli che in seguito all’evento sismico del 1805 assume forma ufficiale, sistematica e solenne. Il tutto intorno ai covoni di grano che raccolti e offerti alla santa diventano dono decorativo e arte. Centrali sono in questa festa i segni-simbolo delle traglie trainate dai buoi, dei carri e delle trecce di grano che ogni anno rinnovano l’attaccamento vitale alla santa delle messi, in un’autentica simbiosi d’amore.
TRAGLIE: Slitte, definite veicolo ad H, sono diffuse in tutto il continente ed in Asia, da dove raggiunsero l’America fra gli eschimesi. Slitte in legno, che vedevano i contadini portare offerte in grano alla santa con l’ausilio di asini, muli, giumente, dette traglie, “treggia” in italiano, nome derivato dal verbo latino trahere: “genus vehiculi sine rotis quo rustici utuntur”.
Segno di abbondanza e di benedizione per i folti covoni raccolti. Covoni festa di Dio e gioia dell’uomo. Covoni carichi di speranza e di chicchi copiosi, covoni di preghiera, di letizia, di vitalità, di significato profondo. Covoni raccolti nella traglia, frutto di un unico e indivisibile amore, meraviglie dello Spirito di Dio, vita nuova e splendore del creato.
Segno centrale della Festa che in essa vede le sue origini, quella del duro lavoro dei campi e del sudore della fronte. La Festa grande, di tutti, che vede una straordinaria partecipazione popolare coordinata dal Comitato plurisecolare (da non ingabbiare e vincolare in associazione). La Festa bella, commovente e amata fortemente, da difendere da vecchie o nuove turbolenze, da conservare libera perché vera.
Anima profonda di un popolo fiero della sua storia e delle proprie radici. Un popolo che in essa riconosce la propria appartenenza, la propria identità, le radici culturali e spirituali che educano sempre e portano nuovi germogli di vita. Come non pensare ai bimbi, ai ragazzi e ai giovani plasmati nel loro essere da tanta laboriosità? Come non essere ammirati dall’impegno corale di un intero paese che allestisce la Festa e costruisce sull’essere e non sull’avere?
Segno di umiltà per ciò che si riceve e di rispetto della madre terra. Espressione di gratitudine di ciò che non è dovuto ma che si riceve come dono celeste. E il cuore si apre all’omaggio, al ringraziamento, espresso anche dai buoi che si inginocchiano al passaggio della santa.
Segno di un amore antico che si rinnova, anno per anno, in una forza coinvolgente piccoli, grandi e anziani carichi di sapienza. Sapienza che diventa gratuità che tutela, ama e prepara la Festa.
Sudore della fronte che raccoglie spighe sparse per un dono unico, che fa di noi un’unica comunità, una sola famiglia forte e fiera della bellezza e della tipicità della Festa del grano.
Unione di cuori ed espressione di chi canta la vita, di chi bene-dice per “ogni giorno, ogni istante, ogni attimo” in cui il “Grazie Mille” come canta Max Pezzali (883), dice la gioia di esistere, di essere qui e adesso (hic et nunc celebra la liturgia), di un mondo migliore e di potercela fare.
Sintesi di cammini che segnano l’esistenza che si tramandano di generazione in generazione, di cuore in cuore. Cammini consistenti di fierezza, di vita gioiosa, che solidificano e fecondano.
Espressione del sacro, di lode a S. Anna e di ringraziamento al Signore che elargisce ogni dono.
Armonia di spighe, intreccio di mani creatrici, rete di abilità e bravura che preparano a gustare e amare la Festa. Relazioni di gratuità che la rendono incantevole e vera.
Canto alla vita che nel rito del grano continua e si rinnova. Canto alla vita che nell’intreccio della paglia dice energia, vitalità, voglia di uscire, d’incontri fraterni, di cammini coesi.
Radice antica e forte che germoglia, cresce e protende i suoi rami robusti dando speranza di futuro alle nuove generazioni. Mai dimentichi del passato, mai con nostalgia ma con fiducia, senso del grazie, vigore e benedizione.
CARRI. IN MINIATURA: carri piccoli ma preziosi, lavoro delle mani dei bimbi, tenerezza e innocenza, minuziosità e dolcezza che si fondono insieme.
MODERNI: segno di arte che si fa dono alla “Gran Madre” S. Anna, arte minuziosa, scrupolosa e attenta ai particolari. Arte certosina che fa luccicare gli occhi di meraviglia, fa gioire il cuore, illumina i volti di stupore.
TRADIZIONALI: memoria e ripresentazione degli antichi usi, lavori campestri e artigianali, tecniche rurali, consuetudini iscritte nell’animo che fanno cogliere la saldezza del passato e la forza lungimirante dei valori rurali.
Fatica del pro-gettare (del gettarsi avanti, vincendo la paura), pazienza di crescere insieme, dove ragazzi, giovani e famiglie affrontano la vita. Splendore degli occhi e gioia del cuore.
Segno di pazienza, di attesa del soffio vitale che collochi ogni chicco e affermi il capolavoro finale.
Mani unite nell’inno di lode, mani esperte che incollano chicco dopo chicco e creano un fascinoso mosaico con tonalità di luci e di colori straordinari. Il tutto nel mosaico d’amore per esprimere e rinsaldare la fede, per far germogliare cose grandi uniti, piccoli e grandi, nell’esperienza di Dio.
Espressione della devozione a S. Anna che asciuga ogni sudore, alimenta passione, ricompensa il duro lavoro, trasforma i “cantieri” di lavoro del grano in oratori a cielo aperto e infonde pace aprendosi al dono e facendosi arte.
Scuola di valori imparati facendo, di abilità e competenze laboratoriali. Valori colti e assimilati nelle ore che dicono lavoro, pazienza, sagacia, offerta di sé, motivazioni profonde che s’incidono e sbocciano nel cuore dei ragazzi. Riferimenti forti e radicati che indicano alte vette. Valori di benevolenza, gioia, pace, pazienza, bontà, mitezza, dominio di sé (Cf Gal 5, 22-23) che traducono la potenza dello Spirito nei figli di Dio.
Intreccio sapiente di mille mani, pazienti e laboriose, che costruiscono insieme, memori di un insegnamento fatto proprio: “Tu solo puoi farcela ma non puoi farcela da solo” (Mons. Bregantini).
TRECCE di grano
Profumo di campi indorati, di lavoro abile e industrioso, anticipo di pane imbandito sulla mensa.
Sorriso di Dio nei biondi chicchi solari che nell’oggi del tempo fanno intravedere e assaporare l’eternità della Festa.
Segno di lavoro instancabile e paziente che coinvolge e rende protagonista la comunità. Il tutto per creare lunghi e risplendenti cordoni per più di 10 Km addobbano a Festa l’intero paese.
Totalità di comunione (koinonia), di convivialità e di unità. Come non ricordare l’insegnamento degli Apostoli, la Didachè, che vede questo mistero di unità simboleggiato dal pane formato da tanti chicchi di grano e dal vino spremuto da tanti acini, per un solo pane e un solo calice? Per essere un solo corpo, una sola famiglia?
Segno di forza e di coesione sociale. Espressione di un paese che non si chiude all’altro ma che accoglie gli immigrati, che cresce nel dialogo interculturale, interreligioso e nella reciprocità. Segno di un piccolo paese che si sforza di superare la crisi attuale, di alleviare le sofferenze di chi ha perso il lavoro, le ansie educative delle madri, la paura di futuro dei papà recuperando il lavoro e la tenacia degli avi legati alla terra e alle stalle. E la Festa delle trecce di grano diventa con-divisione. Treccia indice non di resa ma cordone di forza, segno di reinvestimento lavorativo nell’amore agreste del contadino, dell’agricoltore, dell’allevatore, dell’artigiano che si fa impegno sagace per superare la precarietà del presente.
Intreccio di vissuti e speranze, di attese e desideri. Segno di coesione: tanti chicchi, tanti steli intrecciati per un unico cordone di amore e di unità. Intreccio che rimanda all’Eucarestia che “pur essendo molti fa di noi un solo corpo in Cristo” (Rm 12,5).
Dono di grazia che rafforza i legami familiari e amicali, educa alla dignità e all’onestà, apre al silenzio, alla meditazione e favorisce la crescita della vita interiore.
Segno della Festa che dice la tipicità e l’identità jelsese. Non una festa ma la Festa per eccellenza che ha valicato secoli e continenti, grazie agli emigrati, e dice preziosità e concretezza di futuro.
Segno della terra che ringrazia il cielo. Come non vedere nel vento che muove i campi di spighe dorate, ricche di chicchi maturi, la mano di Dio? Come non udire nelle migliaia di spighe ondeggianti la voce leggera e sottile che canta la vita? Come non leggere nei raccolti copiosi il segno di una abbondanza che già sa di sovrabbondanza eterna?
Slancio verso il cielo. “La terra senza il cielo è fango, la terra con il cielo diventa giardino” insegna Mons. GianCarlo Bregantini. Le trecce uniscono la terra che le nutre e il cielo in cui vibrano, nella bellezza aurea di un unico canto al cielo che le lancia verso orizzonti senza limite.
Dono di amore che nella certosina pazienza lavora ogni stelo perché diventi un tutt’uno, una cosa sola, un’unica treccia di grano profumato che pur lunga più di 10 Km dice l’originale e corale omaggio di fede, di oblazione alla santa che veglia, protegge e accompagna ogni vita.
Tessuto di relazioni belle e significative. L’essere umano è relazionale, non vive da solo, ma ha bisogno della collettività per una vita degna e a misura d’uomo. E nella relazione cresce, matura, arricchisce l’altro e si scopre felice donandosi.
Mani che accarezzano la spiga, che raccolgono mille e mille spighe ancora, mani silenziose che “parlano” a chi sa ascoltare e parlano di cielo e di cura reciproca. Come non essere tanti chicchi nella vera spiga che è Cristo? Come non fare nostro l’invito del Maestro ad essere radunati attorno a Lui, unificati in Lui come tanti chicchi nell’unica spiga? Come non ascoltare il suo invito: “Rimanete in me e io in voi” (Gv 15, 4)? Come non essere in comunione con Lui e tra noi?
Traglie, carri (in miniatura, moderni, tradizionali) e trecce che insieme formano un vero ecomuseo cioè uno spazio permanente da scoprire e ammirare dentro e fuori le mura della comunità jelsese. Ecomuseo, segno di coesione e di futuro, di impegno e di progettualità, di unicità e di collettività, che raggiunge il culmine della bellezza con il museo tradizionale, con il museo all’aperto e ancor più con il museo diffuso e virtuale, che tramite la rete e i siti web supera ogni distanza e diviene gioia e “sentore di casa” soprattutto per gli emigrati. Ecomuseo che raggiunge il vertice della pienezza oblativa nella galleria processionale e nel segno del pane distribuito a tutti. Pienezza oblativa celebrata con le “lacrime del cuore” che dicono la verità dell’essere, la nobiltà d’animo, la devozione, la gioia di esserci e la profondità di valori che radicati in questa Festa portano frutti copiosi ovunque. Sì, il miracolo di S. Anna, venerata da ogni chicco offerto, da ogni stelo di grano intrecciato, è un miracolo continuo che dice unione di menti e di cuori, per vincere ogni divisione e particolarismo e celebrare con fede il mese di luglio a Lei dedicato. Mese che culmina nella Festa liturgica del 26 luglio. Festa per eccellenza la cui pienezza è celebrata nella galleria processionale di opere e di arte che si fanno dono e preghiera. Evento sentito che tutti raccoglie, unisce e rilancia nella spiritualità, nell’offerta quotidiana, nell’amore a Dio tramite il canto alla “Gran Madre delle messi” S. Anna. Evento antico e pur sempre nuovo, momento di aggregazione, di scambio intergenerazionale, di ricchezza culturale e di valorizzazione spirituale. Il tutto dentro uno stile eucaristico che si fa “Grazie” per ogni dono ricevuto. La Festa di S. Anna è un miracolo d’amore che chiede servizio e sudore per farsi grazia e dono. E nel sudore il dono è autentico! Prodigio fondato sul comandamento dell’amore: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate a vicenda: amatevi l’un l’altro come io ho amato voi. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri” (Gv 13, 34-35). E ora affido a te la continuazione di questa lettera, con la tua tenacia e i tuoi sogni, con la tua vita ricca di senso che dica e incarni amore in ogni passo e in ogni solco del presente. Buon cammino e auguri!
Jelsi (CB), 26 luglio 2012 Il Parroco: don Peppino Cardegna
CON GLI AUGURI E LA BENEDIZIONE DI PADRE GIANCARLO M. BREGANTINI:
Traglie, Carri e Trecce: Arte antica, fatta con amore, tramandata con delicatezza ai giovani: così sia intrecciato il FUTURO, con qualità e fiducia. Nel nome di S. Anna, in benedizione per tutti. Grazie a don Peppino e a tutti voi.
+ Padre GianCarlo, Vescovo