Da Nuovi Itinerari dedicato a Sant’Anna del
Grano di Jelsi.
La Festa di Sant’Anna del Grano di Jelsi ospite speciale alla Kermesse “Festa
d’estate” che si terrà Domenica 5 Giugno a Colletorto
Messaggio di Mons.
BREGANTINI per la Festa di Sant’Anna
Un paese che ama la
propria terra
E’ bella la festa di
sant’Anna. Ma lo è ancor più qui in Molise, perché ha delle radici culturali e
rurali particolarissime. Soprattutto a Jelsi, dove è veneratissima.
Costituisce un punto in favore dell’identità di
quel paese. E indirettamente, di tutti noi, in questa nobile terra molisana.
E l’identità è uno dei tre scopi precipui di
questa coraggioso periodico, su cui mi accingo a scrivere volentieri, grato del
dono che il Signore ci sta facendo. E riconoscente per tutti coloro che vi
operano, con gioia e competenza.
Dicevo di sant’Anna.
Già nella mia famiglia, questo nome è una grazia.
Anna si chiamava la mia nonna paterna. Una ragazza giovane, morta di febbre
puerperale nel dare alla luce mio papà, Germano, nel luglio 1911.
Così nel mio cuore, per i racconti di papà e per
le narrazioni delle tante zie, la nonna Anna, dolcissima figura di mamma, mi ha
segnato il cuore.
Ed è per questo che ho gioito, quando mio
fratello Piero, alla sua prima figlia, diede proprio il bel nome di Anna.
Ed Anna si chiama anche la mia giovane maestra di
scuola elementare, che ancora vive in Trentino. La vado sempre a trovare, pronto
ancora a rispondere alle sue precise domande sulla realtà sociale e politica del
nostro tempo. Legge tantissimo, si aggiorna con cura, attenta a tutto.
Così la figura di sant’Anna mi ha seguito. E qui
in Molise, la riscopro a Jelsi, con quella particolarità rurale che la rende
unica.
I fatti sono ben noti.
Si tratta di riandare a quel terribile terremoto
del 26 luglio 1805, quando tutto il Molise fu sconvolto da un sisma
terrificante. Chiese distrutte, paesi cancellati, distruzione e morte ovunque.
Ma in certi paesi, per cause misteriose, quel
sisma produsse effetti minimi, accettabili in confronto di altre realtà
circostanti.
Uno di questi paesi “graziati” fu appunto Jelsi,
che si sentì avvolto da uno straordinario dono di salvezza.
E ne attribuì subito il merito, evidentissimo del
resto, proprio alla figura di sant’Anna, la santa di quel giorno di dolore.
E
il culto, intessuto di gratitudine e di benedizione, fu così legato al lavoro
nei campi di quel periodo dell’anno, che era ed è ancora la mietitura.
Ma oggi, quando incontriamo per strada, i
giganteschi “mostri” delle mietitrebbie che occupano tutta la strada, si resta
sconvolti di quanta fatica venga alleggerita dal loro indefesso lavoro. Anzi, in
certi casi, c’è addirittura l’aria condizionata dentro la cabina del guidatore.
Ma da ragazzo ricordo il sudore di mio padre e
dei miei zii, sotto il sole, su coline di fatica. Ed ancor più, i racconti sulla
mietitura antica sono un classico, che commuove e prende il cuore
Così sant’Anna è
legata al grano. La sua devozione è tipicizzata, identitaria. Perché raccoglie
tutto questo filone di impegno, di sudore, di bellezza e di amore alla terra
molisana.
Ma la bravura della nostra gente sta nel fatto
che questa dolce figura viene accompagnata dai lavori fatti con le spighe, con
gli steli di grano, con i chicchi accuratamente lavorati e fatti messaggio di
bellezza, in artistiche composizioni che destano la nostra unanime meraviglia.
E si innesta nelle varie famiglie una sottile
competizione, per il carro (la traglia, come viene detta) migliore. E le case si
fanno laboratori, di arte e di gioia comune nel creare, trasformare, inventare.
Con una fantasia di bellezza che stupisce.
Ed anche i ragazzini
cooperano. Così che appena finita la scuola, tutti sono già al lavoro. Quasi un
vero Oratorio domestico, dove tutti i ragazzi sanno perché operano, perché
faticano, perché costruiscono.
E la parrocchia, coordina e lancia in alto questo
appassionante lavorio di operosità artistica.
Il paese cambia. Perché dove c’è arte, c’è
impegno, non c’è perdita di valori. Si costruisce un tessuto relazionale
meraviglioso, un intreccio che non unisce solo le spighe, ma soprattutto i
cuori. Chilometri di intrecci, con il grano. Cuori che operano insieme, per mesi
di gioia comune.
Ed è bello cogliere lo spunto che fa lavorare le
famiglie. Spesso è casuale, spesso è dato da eventi religiosi, celebrati lungo
l’anno. Come i 150 di Lourdes. E non per nulla, uno dei pannelli, composti con
arte a Jelsi, ora si ammira nella sede dell’Unitalsi, nella città francese.
E quest’anno? Tanta sorpresa. nessuno deve sapere
le intuizioni della famiglia vicina. Un gran segreto. Perché tutto sta nella
sorpresa.
Ma il cuore di tutto, è la statua, antica, che
troneggia in chiesa, avvolta anch’essa da un artistico baldacchino composto
dagli intrecci del grano.
Perché mi piace? Perché mi colpisce?
Perché vi vedo in essa il cammino operativo di
ogni educatore. E di sfida educativa parliamo ormai quotidianamente nelle nostre
chiese, in Italia, lungo questo decennio appena iniziato.
Spesso, negli incontri con i preti o gli
educatori, chiedo, a bruciapelo: Se tu dovessi scolpire la statua di sant’Anna,
come imposteresti le sue mani? Come le collocheresti? Ci si pensa un attimo, si
discute insieme, si riflette un poco. Per poi cogliere subito le intuizioni
felici di chi ha più gusto e sensibilità artistica: una mano al cielo, l’altra
sulla spalla della piccola Maria.
Così è la statua di sant’Anna. A Jelsi e un po’
ovunque.
Per darci due precisi messaggi: l’educatore deve
essere sempre chiaro, con ideali alti, capaci di indicare il cielo. Cioè la
forza travolgente dei valori. Quel pezzetto di cielo che di fa “mirare” in alto.
Taglienti sono le parole di don Lorenzo Milani: “sfottere crudelmente non chi
cammina in basso, ma chi mira in basso!”.
Ecco il suo motto “I care”: mi sta a cuore, mi
prendo cura di te, sei parte della mia vita. Nello stile del Buon Samaritano,
meditato in questi giorni.
Ma l’altra mano, dolcissima, va posta sulla
spalla di Maria, piccola creatura che guarda sant’Anna con occhi di stupore.
Mano che sa accompagnare, che sa capire, che sa accompagnare. Mano che sa
pazientare, nelle fatiche educative dei nostri adolescenti. Mani che sanno
comprendere il travaglio formativo dei nostri paesi, spesso frammentati, dove la
pazienza educativa si fa misericordia, saggio rimprovero al momento giusto,
tenerezza di padre e di madre sempre. Nei nostri preti, che in sant’Anna sono
ben rappresentati!
E’ quindi una festa ricca di mille messaggi:
cuore che ama, sudore della fronte, mani che parlano di cielo e di cura.