Fiera di San Pasquale

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La fiera di San Pasquale al convento Santa Maria delle Grazie di Jelsi per molti un'occasione per acquistare qualcosa di speciale, come la scapece: un antico prodotto realizzato con ingredienti semplici; quasi introvabile, che solo in occasione di fiere come San Pasquale è possibile acquistare per la degustazione.

La scapece e’ una preparazione appartenente alla gastronomia dell’Italia meridionale, il procedimento varia zona a zona, e, sostanzialmente prevede nella ricetta l’utilizzo di verdure o ortaggi tassativamente fritti (melanzane, pomodori, carote, fagiolini ecc.) e pesce azzurro o anche le une e l’altro, ma fritti separatamente.
Si avvicina grosso modo, anche al nordico “carpione” che prende nome dai pesci d’acqua dolce solitamente impiegati in questa ricetta e al veneto “saòr” che deriva dal medievale italiano “savore” dal latino “sapor”.

Etimologicamente deriva dal latino Escha Apicii, e cioe salsa di Apicio, autore del De coquinaria, il piu antico manuale di gastronomia.
Federico II di Svevia ne era ghiotto, e se la faceva venir da “Resina, ut ab eis faciat ascaperiam“.
Alcuni studiosi affermano invece che scapece deriva dall’arabo As-sikbāj che designava una preparazione molto apprezzata di quella cucina che seguiva una procedura abbastanza simile alla scapece, ma solitamente utilizzata per le carni bollite e che sarebbe pervenuta a noi attraverso lo spagnolo escabeche.
Nella gastronomia iberica, infatti, figurano molte preparazioni di esca beche: Patatas en escabeche con tenca (tinca) a la cacerena (alla maniera di Caceres), Escabeche de berenjenas (melanzane) con hinojo (finocchio), Perdices (pernici) escabechadas.
Analoga alla scapece, in cui figura sempre l’aceto o il vino bianco, e’ la preprazione in carpione , così come e da considerarsi una scapece il siviero del nostro Ippolito Cavalcanti (Capetone in siviero, Puorco sarvateco (cinghiale) ‘nseviero).
Altri percorsi etimologici ci indirizzano invece al francese “aspic” una pietanza in gelatina ormai celebre portata della cucina internazionale.
In questo caso va fatta un’osservazione chimica che ci puo’ aiutare a comprendere l’affinita’filologica, in assenza di grassi aggiunti, la cartilagine del pesce una volta disciolta nell’acqua per effetto dell’aceto si solidifica trasformandosi in gelatina che del resto era considerata all’epoca una preparazione conservativa dell’alimento, nell’ebraico esiste una preparazione simile che si chiama “gefillte fisch” della tradizione askenazita.