A JELSI “LA CAVALLERIA RUSTICANA” DI MASCAGNI
DI JELSI LE FORMIDABILI E UNICHE SCENOGRAFIE IN GRANO
Straordinario successo di pubblico.
La peculiarità della musica e la suggestione delle atmosfere dell’Opera di
Mascagni, ha suggerito l’utilizzo, nelle scenografie, di una particolare tecnica
realizzativa fatta di paglia e di chicchi di grano. Tecnica caratteristica di
Jelsi e dei suoi artistici “carri di grano”. Proprio ai “maestri di Jelsi” è
stata affidata la realizzazione della scenografia di “Cavalleria Rusticana”.
Sarà, dunque, uno spettacolo nello spettacolo che consentirà di affiancare a bel
canto, anche le stupende realizzazioni dei maestri jelsesi.
Le imponenti, uniche e sorprendenti scenografie in grano realizzate dai
Traglieri artisti di Jelsi (due mesi di lavoro certosino che hanno
impegnato ragazzi, giovani ed adulti) catapultano immediatamente lo spettatore
nella piazza di un paese della campagna siciliana di fine Ottocento:
L’ambientazione è quindi estremamente realistica, come del resto i costumi
tradizionali e gli oggetti dei personaggi e delle comparse che animano la scena
in modo vivace e armonico.
Il popolo contadino è, come nelle novelle di Verga, uno dei
protagonisti dell’opera: vengono presentati l’amore per il lavoro quotidiano, il
fermento religioso del giorno di Pasqua, la maldicenza nei confronti della
disonorata Santuzza l’accettazione incondizionata di quella cavalleria
che porta al consumarsi di un fatto di sangue.
Il compositore livornese realizza il suo primo e più importante lavoro in
occasione del concorso indetto dall’editore milanese Edoardo Sonzogno nel
1888: la base è quella della novella Cavalleria Rusticana di
Giovanni Verga, inserita nella raccolta Vita dei campi del
1880.
Su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, l’opera
viene rappresentata il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma,
aggiudicandosi il primo premio e dando il via a una serie di successi in tutti i
maggiori teatri del mondo; frequentemente eseguito insieme a Pagliaccidi
Ruggero Leoncavallo, abbinamento proposto per la prima volta dallo stesso
Mascagni al Teatro alla Scala di Milano nel 1926, l’atto unico è
proposto da solo in questo nuovo allestimento per la regia di Mario Pontiggia.
La storia segue fedelmente quella della novella: “Tornato da fare il soldato”,
Turiddu non riesce a dimenticare Lola, alla quale aveva giurato
eterno amore, ma ormai sposata con il carrettiere Alfio; deluso, il
giovane si rifugia tra le braccia di Santuzza, compromettendo il suo
onore e suscitando in lei il desiderio di vendetta al momento della scoperta
della tresca con Lola.
La tragica fine è subito annunciata: Alfio uccide Turiddu, dopo
aver scoperto la verità attraverso le parole di Santuzza.
Nel duetto, si esprime l’ambiguo rapporto con Santuzza, verso la quale
egli nutre sentimenti di tenerezza e riconoscenza alternati a un’insofferenza,
non priva di rabbia, verso colei che gli intralcia i piani. La musica e gli ampi
movimenti scenici esprimono il patetico tentativo della ragazza di tenere
Turiddu legato a sé, fino all’estremo e grottesco anatema (“A te la mala
Pasqua, spergiuro!”) che rende ancora più chiara quella che sarà la conclusione
della vicenda.
Nel suo essere scaltra e smaliziata, Lola appare allo stesso tempo
incosciente nel suo agire, sottovalutando l’ira del marito Alfio,
presentato come gioviale potente (quasi un boss) di campagna nella sua
allegra sortita. Lucia, madre di Turiddu, assiste inerme allo scorrere
degli eventi, fino al tragico epilogo che la porta all’inevitabile perdita del
figlio e al confronto, nell’ultima scena, con le altre due protagoniste
femminili della storia.
“Hanno ammazzato compare Turiddu!”, pietrificata sul palco ai piedi della croce la madre accoglie il corpo in figura di pietas rinascimentale.
Validi i cinque interpreti principali, sia nelle individuali caratterizzazioni dei personaggi sia nelle relazioni con gli altri; Il Maestro Michele Gennarelli dirige con sensibilità e sapienza . Ottimi i coristi di Potenza e i figuranti di Città Viva di Campobasso
Il risultato è quello di un allestimento convincente, in cui lo spettatore è totalmente coinvolto e commosso dalla leggerezza della vita campestre, la solennità della preghiera e l’intensità drammatica dei duetti.