democrazia e Comitato Sant’Anna di Jelsi

 Cenni teorici sulle procedure  deliberative  dei deputati di sant’anna

 I modelli di Istituzioni (lo Stato in primis) basati sulla competizione sono ormai in crisi.

 Occorre riconsiderare i processi decisionali che interessano tutta la comunità

Sostanzialmente i modelli democratici di riferimento oggi sono di due tipi:

 Questo secondo modello della Democrazia deliberativa[1] (deliberative democracy) costituisce, in germe, attraverso la consuetudine dal 1805 ad oggi, il DNA storico dei meccanismi democratici decisionali del Comitato Sant'Anna di Jelsi

Esaminiamo seguendo S. Zamagni (preside della facoltà di economia a Bologna) i due modelli:

 

1.      Primo, la deliberazione riguarda le cose che sono in nostro potere. (Come insegnava Aristotele, non deliberiamo sulla luna o sul sole!). Dunque, non ogni discorso è una deliberazione, la quale è piuttosto un discorso volto alla decisione.

2.      Secondo, la deliberazione è un metodo per cercare la verità pratica e pertanto è incompatibile con lo scetticismo morale. In tale senso, la democrazia deliberativa non può essere una pura tecnica senza valori; non può ridursi a mera procedura per prendere decisioni.

3.      Terzo, il processo deliberativo postula la possibilità dell'autocorrezione e quindi che ciascuna parte in causa ammetta, ab imis, la possibilità di mutare le proprie preferenze e le proprie opinioni alla luce delle ragioni addotte dall'altra parte. Ciò implica che non è compatibile col metodo deliberativo la posizione di chi, in nome dell'ideologia o di interessi di parte, si dichiara impermeabile alle altrui ragioni. È in vista di ciò che la deliberazione è un metodo essenzialmente comunicativo.

La condizione prima della praticabilità del modello democratico-deliberativo è l'eguaglianza delle opportunità di accesso all'informazione e la consapevolezza delle conseguenze che discendono dalle opzioni in gioco. Si consideri, invece, quel che avviene oggi quando si vuole tastare il polso dell'opinione pubblica. Le persone usualmente sondate nei sondaggi politici spesso non hanno informazioni sufficienti sul tema per il quale vengono richieste di un'opinione; altrettanto spesso non hanno avuto modo di rifletterci; e ancora più spesso non hanno confrontato le proprie preferenze e convinzioni con quelle di altri in una libera e approfondita discussione. Eppure, è sulla base di tali risposte che vengono formulati programmi di azione e linee di intervento da parte del ceto politico. Certo, non pochi sono i nodi teorici e pratici che devono essere sciolti perché il modello di democrazia deliberativa possa costituire una alternativa pienamente accettabile rispetto a quella esistente.

Ma non v'è dubbio che la concezione deliberativa di democrazia, sia, oggi, la via che meglio di altre - in particolare, meglio della via neo-democratica o comunitarista che crescente popolarità va guadagnando in America - riesce a affrontare i problemi dello sviluppo e del progresso dei nostri Paesi. Ciò in quanto essa riesce a pensare alla politica come attività non solo basata sul compromesso e l'inevitabile tasso di corruzione che sempre lo accompagna, ma anche sui fini della convivenza stessa e dell'essere in comune. Inoltre, essa è anche la via più efficace per contrastare l'invadenza del «politico» (nel senso di Hobbes) e quindi per rilanciare il ruolo del civile. Il che vale a far sì che lo spazio pubblico cessi finalmente di essere pericolosamente identificato con lo spazio statale, perché - come ci ricorda Giacomo Leopardi: «Dalla poca società nasce che non v'ha buona società».

 

Si consideri lo slittamento semantico che termini quali «pubblico» e «sociale» hanno subito nell'attuale dibattito politico. «Pubblico» denota il tutto, l'interesse generale; «sociale» è termine che viene usato per denotare la sfera dei poveri o dei segmenti marginali della popolazione. E infatti le politiche sociali denotano le politiche per i poveri. Avendo scoperto che la ricchezza non cresce lateralmente, ma solo verso l'alto; non si diffonde cioè tra tutti coloro che potrebbero prendere parte al processo della sua creazione, le agende politiche vengono stilate in nome del «pubblico», vale a dire in nome della generalità dei cittadini. È così che alla disuguaglianza si è andata accompagnando la differenza: tra poveri e ricchi, tra assistiti e non assistiti, non c'è solo diseguaglianza economica, ma pure differenza. Non è forse questo il principale fattore che limita lo sviluppo delle nostre società, oggi? Una democrazia deliberativa - la quale non può scordarsi degli elementi ideali che plasmano la pubblica opinione - mai potrà accettare che le diseguaglianze tra soggetti degenerino in differenze.

Questi concetti sono ribaditi e fatti propri dal movimento cattolico “Speranza e Persona”:

…Stiamo attraversando una transizione epocale contraddistinta da almeno tre giganteschi mutamenti socio-politici:

 - la globalizzazione, che fiacca le contemporanee democrazie imperniate sui meccanismi della rappresentanza e della tutela degli interessi

- il fenomeno del short-termism, o “corto-termismo”, che costringe il respiro dei programmi politici entro l'angusto tempo intercorrente fra un'elezione e l'altra, anziché dilatarlo a investire gli interessi delle generazioni future

- il conflitto d’identità, nuovo terreno di scontro delle società ad alto tasso di pluralismo.

Di fronte al deficit di mezzi e di poteri prodotto dal modello di democrazia elitistico-competitiva, largamente inadeguata a misurarsi con le nuove sfide, si profila quello alternativo della democrazia deliberativa, o “democrazia delle buone ragioni”. In inglese il termine deliberation (vedi nota 1),e molto più complesso. La traduzione italiana tradisce non poco il significato originario del termine, ma altre soluzioni semantiche, come quella di “democrazia discorsiva” o “della discussione”, presentano comunque inconvenienti. Ciò che importa è il valore intrinseco del modello, sensibile alla questione della qualità dell’opinione pubblica e alla discrepanza tra prestazioni erogate da un sistema democratico e aspettative dei cittadini.

 Applicando i meccanismi della "deliberazione", non si perviene alla elaborazione di una decisione collettiva né per negoziazione né per votazione, ma per via argomentativa: non si decide per aggregazione, ma prevale chi è in grado di offrire le ragioni più convincenti a sostegno della propria proposta. Il metodo deliberativo si connota per una marcata indole pragmatica e per una accentuata flessibilità nei confronti del mutamento delle preferenze: l’obiettivo finale del "discorso" è la decisione, l’oggetto di ricerca è la verità pratica, e la natura dell’opinione, della doxa, è quella di ammettere la possibilità dell’autocorrezione di fronte alle ragioni illustrate da un’altra delle parti in gioco.

 La condizione basilare per il funzionamento del modello è la pari opportunità, per i partecipanti, di accesso alle informazioni. Lo strumento del “sondaggio deliberativo” acquisisce un’importanza non trascurabile: in una società in cui si usa "sondaggiare" cittadini che, sull’argomento, hanno quasi mai un’opinione informata e oculata, anche attraverso il confronto con il punto di vista degli altri, la classe politica non può che elaborare programmi e linee di intervento  eccessivamente semplificate. Il recupero, da parte dell’opinione pubblica, di una consapevolezza approfondita e articolata delle questioni pubbliche, e la sua condivisione secondo argomentazioni razionali, trasferisce l’attenzione della società civile dall’interesse privato alla sollecitudine per il bene comune. E se i cittadini manifestano orientamenti competenti e razionali attorno ad un interesse comune, le scelte politiche si rivelano più efficaci, limitando lo scollamento tra aspettative della collettività e realizzazione dei programmi, come rivelano gli esperimenti deliberativi attuati negli Stati Uniti da politologi come Fishkin e Ackerman.


 

[1] il termine deliberation, diversamente dall'italiano “deliberazione”, indica il processo di analisi di una proposta, di una problema o di un progetto, e di valutazione dei suoi vantaggi e svantaggi, prima che venga assunta una decisione in proposito. Questa è la modalità corrente di formazione della decisione nei Comitati parrocchiali di Jelsi ed in particolare nel Comitato Sant’Anna-Festa del Grano.