IL FUNERALE DELLA TRANSUMANZA   

di

Pierluigi Giorgio

         Malinconia e rabbia. Si, un senso di tristezza, d’impotenza mal repressa e incazzatura sorda insieme: sono i sentimenti che mi porto dentro dopo aver vissuto giorni fa -rivissuto direi- l’ultima recente transumanza di mucche della famiglia Colantuono di Acquevive, dalle Puglie alla montagna di Frosolone. Sono un istintivo, lo so ed è difficile cambiare a 60 anni e se ci penso, manco lo voglio. Era l’86 quando m’infilai gli scarponi e volli per la prima volta percorrere 250 Km. di tratturi a piedi affascinato dall’idea che solo nella mia terra erano in buona dose ancora intatti, seppur comunque a rischio; come i Koala o certe forme endemiche florisistiche… Pubblicizzai l’evento: non sarebbe stato un semplice trekking ma una marcia provocatoria; riportare l’attenzione della gente dei borghi che gravitavano sui tratturi, dei politici molisani del momento, dei media nazionali su questi tracciati antichi piu’ di 2000 anni. E la gente venne puntuale e capì che non vivevano accanto ad un semplice prato d’erba; comprese che non doveva far cancellare i tratturi, far ricoprire da una colata d’asfalto la loro stessa propria storia, quel verde cordone ombelicale che li riconduceva alle proprie vicende umane.

Ricordo che fu fatto un incontro di presentazione al Comune di Campobasso e che un Assessore che ne avrebbe dovuto parlare, alcuni giorni prima della conferenza cercò in tutta fretta e con grande ansia di informarsi sul significato di “tratturi” perché non ne sapeva un beneamato cavolo e messo finalmente a conoscenza sbottò: “Ma che vuole mo’ sto’ rompipalle? Le pecure non hanno fatto mai cultura!...” Poveretto, evidentemente ignaro che i tratturi non erano state solo le vie delle pecore, ma anche i percorsi del pellegrinaggio, i luoghi del conflitto tra Sanniti e Romani, dello scambio, del commercio, di un’affascinante, umile civiltà. Vi furono politici che m’inviarono messaggi di tanto in tanto: avrei dovuto deviare marcia, percorsi e orari, per ritrovarmi in quel luogo o in quell’altro e a quell’ora ed essere ricevuto in pompa magna e magari sotto una bandiera di parte. Primo tentativo di strumentalizzazione! Feci sapere che stavo facendo “il mio tratturo”, che seguivo il mio ritmo del cuore e se avessero voluto incontrarmi potevano farlo solo sul mio percorso.

Si, tanta gente venne, tanti borghi s’inventarono una festa d’agosto, un momento di riflessione e vi fu un battage  pubblicitario fitto ed intenso, sicuramente a livello non solo regionale, ma ampiamente nazionale. Anche Maurizio Costanzo mi volle in trasmissione, intrigato dal fatto che un attore invece delle tavole di palcoscenico sceglieva di calcare la cacca di vacca… Preferiva cioè recitare e narrare testi intrisi di messaggio, legati al percorso attraversato e alla sua storia nelle varie 14 tappe che si susseguirono in quei giorni: e tutto naturalmente gratis! Insomma, finalmente se ne parlava! Proposi di salvare ed utilizzare i tratturi per il turismo, lo sport, lo spettacolo: esistono ancora articoli a testimonianza.

Tre anni dopo venni a sapere di una famiglia -i Colantuono- che ancora facevano la transumanza con circa 600 mucche. Me la feci presentare ed espressi il desiderio di seguirli, di fotografare la loro storia, di filmarla. Il vecchio zi’ Felice non poteva credere che avrei percorso passo passo con loro, che erano abituati da generazioni, i 180 km. che li separavano da Frosolone; che avrei condiviso il sole, la pioggia, i bivacchi attorno al fuoco. Dovette ricredersi: l’ultima sera aveva le lacrime per la commozione, per la gratitudine. Me lo ricordo quando vide il documentario, in silenzio. La fatica di una vita per la prima volta innanazi agli occhi di tutti! “Ora glie lo dovete dire ai politici di qua e a quelli di Roma quanti sacrifici e difficoltà dobbiamo superare io, la mia famiglia e il mio “capitale” -mi suggeriva- “Non sappiamo più dove camminare. I tratturi erano di 60 passi e ora, ogni giorno di più, ogni nuovo anno, se li stanno mangiando le strade e le concessioni ai contadini. Ma cosa devo fare io, vecchio di 79 anni per farmi ascoltare? Devo entrare nelle Brigate rosse?...”

E’ rimasto un urlo soffocato il suo, strozzato! Se l’è portato via con sé, tra le nuvole nel ’95 su tratturi sicuramente più ampi, senza confini. Forse è lì che scuote ancora la testa guardando le transumanze dei suoi cari…

Immediatamente dopo, qualcuno subodorò l’affare e lucrò sulla fatica della famiglia Colantuono e sui tratturi: incominciarono a proporli come piste western. “Errore!”. Uscirono libri, pubblicazioni; s’impiantarono convegni, ma mai o raramente fu data la parola ai veri protagonisti, alle loro frustrazioni, ai loro bisogni. Mai seriamente ci si preoccupò della loro salvaguardia, del loro recupero. Ci si riempì la bocca e me le ricordo una per una le facce di Presidenti ed Assessori tronfi della loro carica, che poi lasciarono il posto ad altri Presidenti ed Assessori e poi ad altri ancora. Quanti ne ho visti passare!... Ma per i tratturi non fu fatto niente, o veramente poco: salvo le parole, parole, parole. E la famiglia Colantuono, che non sa se continuare o farla finita, ridurre la mandria e caricare definitivamente le bestie sui camion: e vada al diavolo tutto e tutti! Il fatto è che non si affrontò mai seriamente il problema, mancò la volontà politica, salvo l’istituzione di un Consorzio che per un periodo dette lavoro ai giovani in Alto Molise.  La nostra regione non ha Lago di Garda, Dolomiti -dicevo- ma possiede una risorsa unica, propria e particolare. I tratturi non esistono più in Puglia, miseri tratti in Abruzzo. Recuperiamo, salvaguardiamo i nostri: saranno la risorsa turistica del Molise: furono i luoghi dove scivolò la ricchezza per qualche secolo; una buona fetta della nostra identità.  Riportiamola sui tratturi e con i tratturi trasformata in turismo e cultura; diamo possibilità a contadini ed artigiani di vendere i loro prodotti, non strozzandoli di tasse o altro. Incentiviamo il restauro delle vecchie masserie, non costruiamo nuove strutture; diamo sostegno e albergo ai nuovi trekkisti, ai cavalieri, a coloro che amano passeggiare per giorni senza incontrare l’asfalto; suggeriamo veri itinerari, fattibili, a tutti coloro che in un ritmo lento ritrovato, cercano un’oasi di pace ove passo, pensiero e cuore possano viaggiare all’unisono. Ma anche le ultime taverne dei pastori, gli autogrill d’altri tempi stanno inesorabilmente crollando: andate a vedere -giusto per citarne una- quella di Pietracatella nella fondovalle del Tappino! Si sta sgretolando! Certo, appartiene ufficialmente ad un privato ma non è così che funziona se il privato se ne fotte: appartiene alla storia di un popolo, del Molise, alla storia universale!...

Dall’ultima transumanza con i Colantuono sono passati 19 anni e nel frattempo si è parlato sempre più di tratturi, sono stati pubblicati libri, stampati depliants, prodotti filmati: me ne arrivava l’eco mentre giravo per “i tratturi” del mondo a produrre documentari e raccontare quel che di bello c’è in natura, a ripercorrere la via Francigena, antica sterrata di pellegrinaggio medioevale riattata e ben segnala con l’ultimo Giubileo; o a narrare e proporre il Molise, terra dal fascino discreto, terra di grande ospitalità che a mio avviso il turista cercherà come l’oro quando Umbria e Toscana -per esempio- saranno sempre più inaccostabili per l’inarrestabile lievitazione dei prezzi e per la perdita di un volto proprio.

Ho accettato di buon grado l’incarico affidatomi dal Moligal di girare un film-documentario sulle transumanze in Svezia delle renne, in Francia delle pecore e in Molise delle mucche: mi andava di ritrovarmi in quei luoghi dietro una telecamera; di ritrovare la famiglia Colantuono che per me ormai è come una famiglia perché è così che succede quando si vivono le cose da dentro! Ed ecco l’idea degli alberghi diffusi, degli Eco-Musei…

Mi sono ritrovato in mano quei libri, quei depliants: centinaia, spesso buttati nei depositi d’archivio e nei sottoscala delle Province e della Regione. Quanti soldi, per tutta questa carta da macero, spesso inutile! Ho visto i cartelli sul territorio con scritta in bella mostra “Tratturo”che ti indicano il nulla! Li ho visti i filmati che propongono il Molise e propongono i tratturi; ho anche visto i “Cowboy di Puglia” come è riportato su un articolo di un famoso quotidiano nazionale uscito l’altro giorno. Due errori, forse più: Puglia e… cowboy. Ma del resto come si può scrivere diversamente se ci si presenta proprio così? Se si propongono le piste western, se ciò che vedi è una teoria di cappelli da Buffalo Bill con speroni? E pensare che abbiamo dei costumi, dei copricapo che sono apprezzabilissimi: avete mai visto l’abito di fustagno o velluto dei massari nostrani di Frosolone? Come ci si può meravigliare se come commento sonoro ai filmati ci ritroviamo melodie country? Abbiamo bisogno di scimmiottare la cultura della Nuova Frontiera? Ci vedranno come i prossimi cow boy d’America del tratturo?

E ancora più grave, più inconcepibile, come si può parlare di tratturi se in realtà a poco a poco ci ritroviamo a parlare del nulla? Si, perché bisogna togliersi le cravatte e i panciotti, bisogna farseli i tratturi, a piedi e almeno per una volta come io a 60 anni li ho riattraversati 19 anni dopo; rendersi conto, vedere la situazione in cui versano, comprendere la fatica dei Colantuono, i rischi a cui sono sottoposti e a cui sottopongono gli automobilisti nell’attraversamento di miriadi di strade che li attraversano. Bisogna esser testimoni delle liti quotidiane con i contadini confinanti ai quali è stata rinnovata la concessione per la semina del frumento, salvo quando non è addirittura arbitraria; costatare che si è dato il permesso di asfaltare altri tratti… Diciannove anni dopo non è successo niente, anzi peggio, salvo le pompose e roboanti chiacchiere in pseudo convegni ove chi è preposto si riempie la bocca con la parola “Tratturo” e con le immancabili abbondanti pietanze offerte a conclusione dalle Amministrazioni locali: e non si tratta di Destra o Sinistra! Altri nuovi video e libri sono in preparazione. Anche il mio di filmato, e so che dovrò parlar bene di tratturi, so che dovrò parlar bene di Molise, so che non potrò far vedere l’asfalto, che dovrò sollecitare la curiosità dei nuovi visitatori perché non me la sento di penalizzare la mia terra agli occhi del mondo! Perché voglio bene al Molise -e qualcuno abbia il coraggio di smentirmi dopo l’impegno, le decine e decine di documentari a livello nazionale e trasmissioni radiofoniche e articoli e fotografie che ho fatto da anni di mia spontanea volontà e mai richieste e spesso gratuitamente- La salvaguardia è affidata ancora alla volontà e alla coscienza di pochi: maratone sui tratturi; marce della pace, l’abnegazione dei Colantuono…

Come concludere? Mi rendo conto delle difficoltà organizzative, burocratiche e compagnia bella. Lo so, non sono un diplomatico, forse solo uno sciocco idealista legato ad alcun partito e non potrei e vorrei mai essere un politico, ma solo un artista, un uomo che conserva e protegge autonomia e che vive le cose dall’interno, con grande rispetto: sempre; che ha voluto relazionarsi con la gente -soprattutto i più umili- che ne ha attinto insegnamento, che si è voluto rimescolare con la terra. Una cosa però la so: se mancherà seriamente e immediatamente l’impegno, la volontà di affidare a professionisti del campo il compito di “vendere” il pacchetto Molise, di credere nei tratturi e che ciò un giorno pagherà; di ricostruire tutto un lungo ininterrotto percorso tratturale per transumanze e turisti, recuperandone nei punti difficili non dico 111 metri come all’origine, ma almeno tre a testimonianza e percorrenza; di mettersi gli scarponi, di calpestare cacca di vacca, di fare i bisogni dietro i cespugli, di far sudare le pingui pance al seguito dei Colantuono, di sgambettare piuttosto che infilare arti sotto i tavoli e presenziare ai Convegni dove se la cantano e se la suonano da soli, di affidare il compito di una relazione dettagliata a professionisti seri e coscienti e non sperperare soldi con incarichi fasulli a fantomatici consulenti, di non accontentare questo e quello scrittore, quella casa editrice, questa o quella produzione televisiva, di far parlare e saper ascoltare i veri protagonisti delle vicende di Molise, di creare ponti con altre culture, come ad esempio quella jelsese con i suoi buoi e le traglie nella festa di S. Anna o i carri di Frosolone; di non vedere più imbecilli che entrano a cavallo trionfalmente nei borghi con parrucca e penne truccati da indiani, sarà inutile vendere fumo, inventarsi nuove “Feste di Transumanza” o pseudo Sagre dei cavoli che attingono solo alle casse regionali. E’ il momento del silenzio e della riflessione… Voglio ancora sperare -e non sono il solo- ma basta raccontarsi balle!

Si perché quanto prima, non sarà più la Festa dei tratturi, ma soltanto le esequie della transumanza: con esse, anche una buona fetta della nostra identità!...