Il cristianesimo
“Il cristianesimo, dando agli uomini due legislazioni,
due, capi, due patrie, li sottomette a doveri contraddittori, e impedisce loro
di poter essere nello stesso tempo devoti e cittadini” (J.J.Rousseau,
Contratto Sociale).
Sottesa
a questa affermazione c’è l’assioma che sarebbe impossibile per un cristiano
essere un cittadino esemplare. Il
cristianesimo non è un ideologia, non è una filosofia, non è una cultura, non è
uno stato (neppure una medicina o una terapia) seppure culture, stati, sistemi
di pensiero spesso si richiamano ad Esso.
In un antico documento
cristiano
“Così
i cristiani cercheranno di aprire cammini assieme agli altri uomini, con loro
si sforzeranno di edificare la polis senza titoli di privilegio, senza
ricette infallibili, senza pretese di egemonia. Il vangelo, infatti, ispira i
loro progetti ma non ne detta la forma di realizzazione, da ricercarsi assieme
agli altri cittadini non cristiani. Nessun fondamentalismo, quindi, né
tantomeno integralismo – sempre figli dell’angoscia di salvezza e di dominio –
devono inficiare l’attiva presenza dei cristiani nella società. Essere
cristiani significherà allora impegno a servizio della comunità politica,
indicazione di vie per l’Europa caratterizzate da orientamenti etici quali la
giustizia, la partecipazione di tutti al benessere, la pace e la convivenza
come qualità della vita. Allora l’Unione europea non sarà un “bene” esclusivo
per i propri cittadini, bensì estensibile a tutti gli altri paesi del
mondo.” (Enzo Bianchi)
Quella
dei cristiani cittadini è in questo senso la forma più alta di cittadinanza
perchè unisce ad un ambito storico concreto la forza della “differenza
cristiana” sostenuta dalla “buona
notizia” del vangelo di Gesù Cristo, che apre orizzonti di speranza nella
vicenda umana.
Questa consapevolezza ci
obbliga ad essere leali alle leggi fino in fondo. Anche in casi estremi come
quello del contadino tedesco Franz Jagerstatter
cristiano e cittadino esemplare che disse no al nazismo, negazione
assoluta della cittadinanza, fino alle
estreme conseguenze. Il non–stato nazista, stalinista, totalitario dittatoriale
non produce cittadinanza, ma schiavitù.
Il
Cristianesimo ha fornito l’etica all’Europa, il sistema valoriale di
riferimento quindi anche la concezione di cittadinanza non è semplicemente un
portato illuministico, ma appartiene alle correnti profonde della storia
europea alla cui sorgente è il Cristianesimo che ha fondato la dimensione
politica nobile della cittadinanza. San Paolo: non vi sarà, né Giudeo né
Greco, né Uomo né Donna, né Schiavo né Libero, ma tutti saremo Uno in Cristo. La
dimensione ontologica della cittadinanza è
cristiana.
Il
valore riconosciuto anche dai laici del
comandamento cristiano “ama il prossimo tuo come te stesso” (parafrasando con
Levinas “ama il prossimo tuo: ecco te stesso”) è il sostrato etico del diritto
di cittadinanza.
Da questo ne discende che per
i cristiani, l’esercizio della cittadinanza non è fine a se stesso ma tende a
realizzare miglioramenti progressivi personali, nelle istituzioni e nell’ambito
sociale di riferimento.
C’è
un atteggiamento fraterno, solidale e
cooperante che i cristiani fanno proprio
quando partecipano attivamente nella costruzione della “Città”. D’altro canto l’insegnamento
costante del grande Papa GiovanniPaolo
II va nella direzione di non disertare l’impegno civile e storico a cui ogni
cristiano è chiamato.
Nella mia esperienza di
volontario, di politico e di lavoratore ho trovato tanti testimoni e maestri
cristiani che reggevano istituzioni, imprese, gruppi, partiti e opere in
maniera ammirevole.
Il
cristiano ha dunque “una marcia in più” senza aver bisogno di un supplemento d’anima
per essere cittadino attivo. Voglio ricordare un episodio: quando ero sindaco
del mio borgo dovevo sposare con rito civile un giovane medico islamico e una
catechista cattolica che era impedita per via della religione dello sposo a
contrarre matrimonio in Chiesa. La questione mi pose un insanabile problema di
coscienza e quindi pur essendo amico di entrambi feci obiezione. La faccenda
continuò con un dialogo con gli sposi attraverso un reciproco, fattivo ed
approfondito confronto sul diritto familiare e sulle rispettive fedi,
convenimmo che la superficialità, la banalizzazione, la radicalizzazione e
l’uso strumentale delle religioni da parte della “politica” fossero oltremodo
pericolose.
Essere cittadini attivi in
una società “postmoderna” come cristiani è assumere la complessità e la
conflittualità insita nella dimensione globale che attraversa le società d’oggi
con la consapevolezza che se vi sono invarianti
individuali non vi sono universali culturali in altre parole se le domande esistenziali di
ogni persona sono più o meno le stesse, per le risposte non esiste una cultura
unica ed universale valida per ogni tempo e luogo.
L’essenza del messaggio cristiano
è l’amore di Dio fatto Persona che abita
Antonio