Altzek

 

Venne nel Molise quando già da un secolo vi si erano stabiliti i Longobardi; e questi ovunque avevano disposto le loro giurisdizioni e fissati i loro funzionari civili: non solo, ma con propri elementi iniziano la loro penetrazione nel campo ecclesiastico. Sepino, Bojano e Isernia, centri di ricche colonie romane, vecchie sedi vescovili, non appena diradato il temporale bizantino, erano tornate a popolarsi di clero, di possidenti, di mercanti. Le campagne restavano incolte e deserte ed ivi soltanto potevano essere allocati i Bulgari con a capo, quale gastaldo Altzek (il Gastaldo era il vero e proprio amministratore: rendeva egli pure giustizia, ma inerente agli affari gestiti). Altzek ebbe il governo amministrativo, ma anche la responsabilità percettiva delle terre occupate; i Bulgari ebbero via via concessioni di terre e rango signorile, ebbero anche l'onore delle armi, quando il loro sangue fu necessario a cementare il dispotismo dei padroni; mai alcuna autonomia. Le terre occupate dai Bulgari erano paludose e piene di malaria nelle valli e nei piani tra Bojano, Castelpetroso, Roccamandolfi e Macchiagodena; "sopra un poggiuolo a dolce declivio" venne costruita la modesta abitazione di Altzek, il quale se il gastaldo per i Longobardi restava per i suoi il Kan; é Kan-teleped (residenza del Principe) fu chiamato quel sito, che nelle bocche latine Cantalupo divenne. Dalla rocca di Bojano i guerrieri di Romulado ne dominavano vigilanti le mosse. Consula é la modificazione latina scritturale della parola scitica Kan-sel torrente del Kan. Aczone é pure un'alterazione del nome Altzek il quale da vari scrittori viene segnato Alzek ed anche Altzek, da cui si ha Aczek. ***** Muovendo dal Sannio Pentro verso Lucera, traversato il Tappino, la gente di Altzek si trovò nella contrada governata dal funzionario ducale di Cercemaggiore; e parte di essa prese stanza sulla riva destra di detto fiume nell'agro di Gildone e diede al villaggio il nome di Sant' Andrea. Altri ebbero la concessione di terreni ricchi di acque e di selve lungo tutta la valle di un fiume, da quel momento chiamato Carapelle; sopra una rupe, a picco sulle acque, fabbricarono le prime case. La borgata ebbe nome Tibicza; i notai di Benevento lo dissero in latino Tibice; gli scribi angioini scrissero Gillicia e Gettizia, gli Aragonesi e gli Spagnoli ci dettero poi Gerucza, Griptio, Ivazio, Ivizzi, Ieuci, Gettia, Gezzia; la Curia arcivescovale Iephex, Icis - e qualche locale arciprete Terra Gyptia. L'amministrazione austriaca mise fuori Gelzi e Ielzi; e quella borbonica addolcì la Z e fissò Ielsi. La prima notizia del borgo Ielsi la troviamo nella grande miniera storica, nel Chronicon S. Sophiae; il borgo vi é nominato incidentalmente, cioé nella descrizione dei confini del tenimento di Toro; "... et ipse autem vallo descendit inter nominatum territorium Tori ed territorium Civitellae usque ad quendam rivulum, qui territorium autem, quod vulgo nominatur aut ab omnibus appellari salet Tibice, ascendendo vero ad stradam nec non plateam, quae nominatur plerumque strada Tapiniana, et ipsa autem strada dicitur quondam maioriumque nostrarum tempore fuisse infra ipsum supranominatum territorium Tori territorium autem Tibice, dicitur, ut nonnulli volunt, ascendendo ire usque ad territorium, quod nominatur Castrum Cantalupi et vadit usque ad ipsum territorium Capitellae...". In questo passo Ielsi é specificato non solo dalla denominazione su ripetuta ma anche da quella delle contrade finitime, già terre autonome e ora parti integranti del suo agro o di quelli dei comuni vicini (Civitella, Cantalupo, Santa Maria in Rannula, Ripitella); ed inoltre dal nome della grande strada del periodo sannitico-romano sussistente tuttora col nome di Carriera San Martino ed allora detta via Tapiniana, larga quanto una piazza, che da Sepino, per Cercemaggiore e la montagna di Gildone, andava a raggiungere oltre il Tappino l'antica strada Bojano-Teano-Apullo della tavola Peutingeriana. Tutti gli storici nostrani riferiscono a Ielsi il seguente passo della cronaca di G. Malaterra "I Normanni intanto degli acquisti fatti non contenti, andavano tuttavia gli altri luoghi occupando, i propri padroni discacciandone Ganfredo, conte di Capitanata, mentre per accrescere il suo dominio battendo stava una terra chiamata Gizzio invocò l'aiuto di Roberto Guiscaro e Ruggiero suoi fratelli, i quali tosto accorrendovi, andarono a dare sopra la terra di Caglionessa oggi Guglionesi, verso il 1060 d.C.". Nello "Scaenziere" (Quatermus et excadenciis ..., Gibizza - Montecassino 1903), unitamente alle contrade, la cui denominazione corrisponde a quelle odierne, sono elencati i 25 possessori di Ielsi, dei quali due erano saraceni e tre bulgari (Pietro e Iacbczo, Dompnus Petrus et Dompnus Andreas arciprete), gli altri di nazionalità incerta, usando i dominati assumere il nome dei dominanti, longobardi, normanni e svevi. Con la comparsa degli Hohenstaufen Ielsi con Gildone fu concessa al gran signore provenzale Bertrando de Beaumont, poi alla Casa angioina Barrasio, che nel 1419 costituì contea autonoma di Ielsi, Gildone e Sant'Angelo de Radiginoso. Ielsi, Gildone, Ferrazzano nel 1477 passarono a Paolo Molise feudatario di Cercemaggiore, nel 1478 passò ad Alberico conte di Marignano. La maggiore testimonianza dell'origine bulgara di Cantalupo e di Ielsi viene offerta da sostantivi e frasi, la cui natura tartara é incontrovertibile e ne elenchiamo alcuni: 1) abburrato (avvinazzato), in magiaro il vino é detto bor; 2) arras (lontano), arralà; 3) chink (carrettino), hinto; 4) cik (il maiale), cin; 5) cuttore (tino di rame per acqua), kut-ur; 6) e iuva (e così sia); 7) iatte-maimone (gatto scimmia), majom; 8) rrobbe (stoffa abito), ruba; 9) sotene (schiena), sotnie; 10) tozze (tozzo), toz; 11) ziz (grasso del latte), zizza; 12) ingegne (dolere), agy (dolore). Delle parole sopra elencate, alcune sono patrimonio di varie contrade italiche ed anche della lingua letteraria, come cutino, cuttòra, gattomaimone, arrassà, carfigna, capane, langarone, musce, tozze. A questo punto siamo costretti a soffermarci a rettificare - stando agli studi del D'Amico - alcune asserzioni del Masciotta nell'opera sua "Il Molise" e ripetute dal professor Caggese nella Guida del Touring Club (Abruzzo, Molise, Puglia). "Asseriscono essi che al VII all'VIII secolo si accentrarono a Ielsi alcune tribù di zingari, di origine levantina, diffondendosi poi nei territori bagnati dal Biferno e dal Fortore. Bulgari vennero al certo qui cattiva stella. Tutti hanno cercato perseguitarli, nasconderli, dimenticarli, ora battezzandoli per Slavi ed ora vestendoli da Zingari. Gli zingari hanno una lingua ricca di parole slave con un fondo originario sancrito-zendo; il dialetto ielsese allo incontro non ha alcuna parola slava nè speciali voci sanscrite pronunciate dagli zingari. Gli zingari chiamano il loro capo Erai (rex in latino) mentre quella ci offre la parola severamente mongola Kan e per fontana Cutino (dal tartaro Kut), che in altre contrade dell'agro ielsese e degli altri comuni molisani-abruzzesi vuol dire solo pozzetto. Non di zingari perciò va parlato all'uopo, bensì di Zungari, da cui poterono anche uscire gli Ungari (l'equivoco si é verificato anche presso i Danesi, che chiamano i zingari tartari)".

 

 Francesco Romagnuolo