Il Molise
dalle origini ai nostri giorni
Giambattista Masciotta
Volume Secondo
Il Circondario di Campobasso

Napoli
Stab. Tipografico Luigi Pierro e figlio
Via Roma, 402
1915
 
- 191 -

Jelsi
ORIGINE E DENOMINAZIONE.
- Esisteva nell'agro di Ururi nei primordi del secolo
XVI un piccolo villaggio denominato "luce" nei
diplomi, e comunemente dal popolo "Ielsi": voci
entrambe che possono considerarsi deformazione di
"elce". Ielsi non avrebbe potuto, per avventura, aver
assunto il nome delle elci poderose che forse un tempo
ne popolavano l'agro?
A noi parrebbe che si; ma la diplomatica più remota è
del tutto avversa alla nostra congettura georgica.

Ielsi, nei diplomi più antichi, è detta "Gittia" (come
nei Regesti angioini), e "Gitium" in tempi più
prossimi; e secondo il Galanti: " Questo paese si
chiamava nel 1404 Terra Gyptie (val quanto dire:
egizia) per essere stato fondato da quei vagabondi che
in Francia si dicono boemi, in Spagna gitanos, altrove
egiziani o gizii, e presso di noi zingàni o zingari"
(197).

Ciò potrebbe avere un fondamento di realtà, purchè si
dimostrasse che siffatte tribù randagie infestassero
le nostre contrade fin nei tempi longobardi; poichè
Ielsi esisteva fin d'allora, e il suo nome era
"Gittia" allorchè fu presa dai normanni nella seconda
metà del secolo XI, come si legge in Goffredo
Malaterra.

In qualche documento del seicento Ielsi è chiamata
"Gelzi" e "Gilizza" secondo rilevasi dal Vincenti
(198); onde sorse spontanea l'idea che fosse così
detta forse dai gelseti che ne abbelliveno la
località.

Lo stemma del Comune porta nel campo una testa umana
coronata baronalmente. Il sigillo in cui è riprodotto
porta la data del 1747.

POPOLAZIONE.
- Fuochi 198 nel 1532: 283 nel 1545: 211 nel 1561: 179
nel 1595: 152 nel 1648: 112 nel 1669: abit. 1875 nel
1780: 2200 nel 1795: 2624 nel 1835: 2770 nel 1861:
3179 nel 1881: 3341 nel 1901: 3161 nel 1911.
NOTIZIE FEUDALI.
- Nei rapporti di Ielsi, non si hanno notizie sicure
se non dal periodo angioino, e precisamente dal 1269,
allorchè l'università ebbe per titolare Bertrando di
Belmonte, secondo l'attestazione del Libro delle
Donazioni di Carlo I. Da quest'epoca, insino alla metà
del secolo XVI, Ielsi ebbe identici con Gildone i
trapassi ed i titolari feudali, senza alcuna
differenza.
Verso il 1550, poco prima o dopo, i Carafa venderono
il feudo alla famiglia Pavesio, la quale forse non
ancora siedeva nel patriziato regnicolo.

Di essa sono noti due titolari:
a) Nicola, il cui nome è testimoniato dalla
documentazione relativa ad una vertenza ch'ebbe contro
l'università di Ferrazzano nel 1559 pel "jus
Plateario".
 
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b) Vincenzo, menzionato dal Mazzella quale titolare
nel 1586.

Sullo scorcio del secolo, e forse durante il governo
di Vincenzo, Ielsi tornò in dominio dei Carafa, che
probabilmente avevano venduto col diritto del
retrocedendo, felicemente sperimentato dagli eredi.

La rinnovata signoria fu tenuta dai seguenti titolari:


a) Eligio, ricuperatore del feudo, figlio di Ottavio
Carafa (signore di Cercepiccola) e di Marzia Mormile.
Decio, maggior fratello di Eligio, era Cardinale, e
morì arcivescovo di Napoli nel 1626. Eligio Carafa
ebbe in moglie Girolama di Capua, e da costei larga
prole. Nei Registri Parrocchiali di Ielsi vi sono
ricordanze dei soggiorni della casa Carafa dal 1611 al
1619.

b) Giambattista, primogenito ed erede d'Eligio.
Giambattista conseguì il titolo ducale sul feudo: nel
1642 comprò Campobasso, e nel 1675 vendè Ripabottoni
al marchese di Salcito.

Dalla consorte Cornelia del Tufo ebbe tre figli:
Decio, Francesco e Mario. Il primo morì celibe, il
secondo abbracciò il sacerdozio, e l'ultimo fu erede
del feudo.

c) Mario, deceduto senza eredi nel 1737, consorte di
Antonella d'Aquino.

Catterina de Haro y Guzman marchesa del Carpio, in
previsione della mancante successione di Mario Carafa,
fin dal 1717 aveva ottenuta dall'imperatore e Re Carlo
VI la concessione futura dei feudi, e precisamente di
Ielsi, Campobasso e Civitella in agro di
Campodipietra. Se fosse ella, vedova o figlia od
altrimenti congiunta del marchese del Carpio, vicerè
di Napoli morto nel 1687, non sappiamo.

Siffatta concessione non ebbe effetto, verosimilmente
per la premorienza della beneficiata.

Ielsi, intanto, prima ancora della morte del titolare,
venne posta in vendita dai creditori di lui, conforme
l'apprezzo fattone nel 1732 dal Tavolario Giuseppe
Stendardo.

Acquirente ne fu con l'annesso titolo ducale Marcello
Carafa della Spina, del quale tessiamo la biografia
nella mon. di Campobasso; e la discendenza di lui fu
signora di Ielsi insino all'eversione della feudalità.


Ultimo titolare: Luigi. Luigi Carafa duca di Ielsi,
trovandosi in Napoli al tempo dell'anarchia popolare
del 1799, e dell'entrata dei francesi, fu compreso dal
generale Championnet fra i venti cittadini eletti a
far parte della Municipalità della capitale, per
provvedere alla sussistenza della città, vigilare il
patrimonio pubblico, prevenire i disordini e punire
gli attentati contro la pubblica tranquillità; ed
accettò l'ufficio per tema - rifiutandolo - d'esporsi
alla taccia di partigiano della monarchia.

Quando, però, il 15 aprile di quell'anno l'Abrial,
Commissario Organizzatore, sciolse il Governo
provvisorio per sostituirlo con la Com-
 
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missione legislativa di 25 membri e la Commissione
esecutiva di 5, ed incluse in questa l'ex-duca di
Ielsi, Luigi Carafa declinò la non ambita
designazione. Non la modestia lo spingeva ad
appartarsi, sibbene l'intima fede "realista" e la
paura del poi.

Morì nel 1809, nel gennaio; e non avendo avuta prole,
lasciò erede dei burghensatici Gerardo Carafa Conte di
Policastro, in seguito al cui decesso - avvenuto nel
febbraio 1810 - l'eredità fu raccolta dal Conte di
Forlì Francesco Carafa e dalle costui sorelle
principessa di Sansevero e duchessa di Bruzzano.

Della famiglia Carafa forniamo i ragguagli storici e
nobiliari nella mon. di Forlì nel III volume.

Il palazzo ducale - sul cui verone è lo stemma
marmoreo della casata col motto "Hoc fac et vives" -
con atto del 6 aprile 1857 fu venduto ai sigg. D'Amico
(fu Giuseppe) dalla duchessa Maddalena Carafa, della
quale è cenno nella mon. di S. Giuliano del Sannio.

È tradizione (199) che il palazzo, già dei Carafa, sia
stato costruito nel 1517 dalla famiglia locale de
Pinabellis, sull'area occupata dall'antico castello
baronale: e poi restaurato verso il 1840 dei danni
subiti in causa del terremoto del 1805.

NOTIZIE ECCLESIASTICHE.
- Ielsi appartiene alla archidiocesi di Benevento.
Comprende una sola parrocchia intitolata a S. Andrea
apostolo, ch'è pure patrono comunale, e la cui festa
viene celebrata annualmente il 30 novembre.
Le chiese sono:

S. Andrea apostolo. - È antichissima, ed antico del
pari il titolo di arcipretale e ricettizia. Nel 1864
venne integralmente restaurata per lo zelo del sac.
Luigi Capozio, vicario foraneo, il quale ne iniziò
pure la decorazione a stucco. L'attuale arciprete
portò a compimento i lavori, e perchè il rinnovamento
dell'edificio fosse completo, nel 1905 rifece a nuovo
il pavimento con mattonelle di cemento.

La chiesa è divisa in tre navi; il cui interno misura
m. 30 di lunghezza, 13 di larghezza e 9 di altezza.

B. Vergine e SS. Sebastiano, Biagio e Rocco. - Fu
fondata nel secolo XVI, come attesta una lapide murata
nella parete posteriore esterna dell'edificio del
seguente tenore: / Terentius Archypresbyter
Muctio-Nigro / In Honorem Dei Et Martyrum / Hoc Sacrum
Opus / a Fundamentis Erexit / 1581 /.

Fu consacrata nel 1709 dal Cardinale Orsini, come
rilevasi da una iscrizione marmorea infissa nella
parete a cui è addossato l'organo: / Ecclesiam Hanc /
In Honorem Dei - B.M.V. Ac Sancti Blasii P. Et M. /
Una Cum Ipsius Majore Altari In Honorem / Sancti
Sebastiani. M. Ac Rochi C. / Solemni Ritu dedicavit /
Die XV Iulii MDCCIX / Ca. Orsinus /.
 
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Nel 1907 ebbe restauri accurati e dispendiosi, che
l'hanno tornata a congruo grado di decoro. Era, questa
chiesa, di juspatronato dell'università; ed ora è sede
delle due Confraternite locali del SS. Rosario e del
Sacramento.

S. Maria delle Grazie. - È situata ad oltre un
chilometro a valle dell'abitato, e faceva parte
integrale del vasto ed antico Convento omonimo. Una
sorgente d'acqua pura e leggiera e fresca, che anima
una vecchia fontana, allieta la località.

Il Convento, già asilo dei Minori Osservanti, fondato
nel 1563, rovinò quasi del tutto pel terremoto del
1805 insieme con la chiesa. Restaurato in minima
parte, fu soppresso nel 1809 e riaperto vent'anni
dopo.  Dal 1829 al 1867 fu abitato da pochi religiosi,
che ricostruirono la chiesa dalle fondamenta col
danaro del popolo, e la riaprirono al culto nel 1850.

Nel 1867 il Convento fu ceduto dal Demanio al Comune,
il quale una zona dell'orto monastico adibì per
ampliamento del cimitero.

Le serie degli arcipreti:

De Pinabellis Camillo (? - 1531 - ?): De Silvestris
Antonio (1561-62): Muccio-Nigro Biagio (1562-1602):
Pasquali Mario di Pietracatella (1602-30): Fratino
Giosofatte (1630-58): Granata Giovanni (1658-67):
Zilembo Salvatore (1667-87): De Iafusillo Domenico
(1687-94): De Silvestris Giuseppantonio (1694-1730):
Gioia Andrea (1730-60): Severino Gennaro (1760-87):
Eletto Alessandro (1787-1809): Granata Pasquale
(1809-22): Martini Marco (1822-25); D'Amico Serafino
ec. cur. (1825-30): D'Amico Biase (1830-60): Virgilio
Girolamo ec. cur. (1860-61): De Simone Crisanto
(1862-93): D'Amico Michele (1893-19..

NOTIZIE AMMINISTRATIVE.
- Ielsi faceva parte della Capitanata, e probabilmente
non era mai appartenuta al Contado. Nel 1799 fu
compresa nel Dipartimento del Sangro e nel Cantone di
Riccia.
Per la legge 8 dicembre 1806 Ielsi venne ascritta al
Distretto di Foggia e fatta capoluogo di Governo,
comprensivo di Gildone e Cercemaggiore.

Con R.D. 25 dicembre stesso anno, venne staccata dalla
Capitanata ed aggregata al Molise nel Distretto di
Campobasso. Nel 1816, con la legge 1º maggio, Ielsi
ebbe staccato dalla circoscrizione del proprio
Circondario (già Governo) ed ora Mandamento, il Comune
di Cercemaggiore, ed aggiunto quello di Campodipietra.


Nel 1892, per la legge 31 luglio, il Mandamento
giudiziario di Ielsi fu soppresso; e Ielsi ascritta al
Mandamento giudiziario di Riccia.

Il Mandamento di Ielsi invia un solo rappresentante
nel Consiglio Provinciale. Ebbero il mandato:

Campensa dott. Aurelio di Gildone dal 1861 al 1867.
 
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Perrotta dott. Giannicola di Gildone dal 1868 al 1882.
Rossi avv. Giammichele di Campodipietra dal 1883 al
1894.
Testa Michele di Ielsi, dal 1895 al 1913.
Campensa ing. Domenicangelo di Gildone, dal 1913 al
19..

Il Municipio è in sede di proprietà comunale in una
palazzina di recente costruzione, con torre per
l'orologio pubblico.

Le serie dei Sindaci:

Testa Cipriano (1809): Farinaccio..... (1810):
Severino Nicola (1811-12): Fletto Carlo (1813-14):
Ciaccia Michele (1815-18): Fletto Carlo (1818-21):
Vena Domenico (1822-26): Tatta Francesco (1826-28):
Tatta Giuseppe (1828-31): D'Amico Giuseppe (1831-33):
Caporaso Giuseppe (1834): Valiante Giuseppe (1835-36):
Vena Domenico (1837-38): Farinaccio Vincenzo
(1838-40): D'Amico Teodosio (1840-43): Santella Nicola
(1843-46): Gentile Nicola (1846-52): Miozzi Francesco
(1853): Morrone Andrea (1853-54): Gentile Angelandrea
(1855-58): Campanaro Pasquale (1858-60): Capozio
Filippo (1860): Testa Giovanni (1861-71): Ianigro
Nicola R. Comm. (1871-72): Ciaccia Giambattista
(1873-78): Gentile dott. Biase (1879-83): D'Amico
Teodosio (1884-91): De Nigris Severino (1892-99):
D'Amico dott. Giuseppe (1900-05): Capozio avv. Filippo
(1905-07): De Nigris Severino (1907-...

COLLEGIO ELETTORALE.
- Ielsi fa parte del Collegio elettorale di Riccia, e
soltanto nel breve periodo dal 1882 al 1891 appartenne
al Collegio di Campobasso I.
ARMA DEI RR. CC.
- È allogata nell'ex-palazzo ducale, di proprietà
degli eredi d'Amico Teodosio, per l'annuo fitto di
L.600. Forza 5.
AGENZIA DELLE IMPOSTE.
- Riccia.
UFFICIO DEL REGISTRO.
- Riccia.
ISTRUZIONE PUBBLICA.
- Il Comune annovra tre classi elementari maschili e
tre femminili, rette da quattro insegnanti d'ambo i
sessi. Le scuole sono in locali di proprietà privata
tenute in fitto. La spesa annua complessiva ascende a
L.5.300.
POSTA E TELEGRAFO.
- L'uffcio postale è stato aperto il 1º novembre 1875.
L'ufficio del telegrafo il 1º ottobre 1887.
ISTITUZIONI ECONOMICHE E DI BENEFICENZA.
*Monte Frumentario. - Dispone d'un capitale
d'ettolitri 1670 di grano; e di un capitale liquido di
L.5.400, in parte investito in rendita pubblica, in
parte depositato nella locale Cassa Postale di
Risparmio. 
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Nel 1902 la sua rendita era valutata a L.1.675,26
gravata d'un contributo annuo di L.74,34 alla
Provincia.

*Congregazione di carità. - Ha un capitale effettivo
che si valuta L.58.700; e dispone d'un'annua rendita
di L.2.973. Nel 1902 la rendita ascendeva a L.2.187,95
gravata per L.97,09 di contributo provinciale.

ILLUMINAZIONE PUBBLICA.
- A gas acetilene dal 1907 al 1910: dal 1910 ad
energia elettrica fornita dalla ditta Massimo-Del Lupo
di Riccia.
CIMITERO.
- Fu costruito a seguito del colera del 1837, in
contiguità della parete occidua della chiesa di S.
Maria delle Grazie annessa al Convento omonimo.
Essendo di proporzioni troppo anguste, nel 1874 si
avvisò la necessità d'ampliarlo; e il Comune, nella
circostanza, fruì d'una zona del vasto orto monastico.

Fra le cappelle gentilizie, notevole quella del sac.
Francesco Capozio.

CRONACA LOCALE.
*1672 - Il 22 marzo l'abate Cesare Riccardo, famoso
bandito, entra a Ielsi alla testa di sessanta
masnadieri, e la mette a sacco. Rileviamo la notizia
dallo "Archivio Storico per le Provincie Napoletane"
(vol XIV, a pag. 294), ed altresì che il Riccardo fu
ucciso il 3 agosto dello stesso anno; e la sua testa
conficcata ad un palo portata a Napoli, dove venne
esposta per molti anni sulla Porta Capuana, in una
gabbia di ferro.
*1807 - Con R. D. 28 dicembre il governo assegna la
somma di 400 ducati al sac. Giovanni d'Amico pei danni
cagionatigli dai briganti.

BIOGRAFIA.
Andrea Valiante. - Nato a Ielsi il 1º dicembre 1761 da
Saverio. Uomo non di studi, ma soltanto d'azione, fu
implicato nelle congiure giacobine che facevano capo
al cenacolo della baronessa di Castelbotaccio (200),
arrestato nel 1795, e detenuto per un paio d'anni,
prima a Lucera e poi a Napoli in castel S. Elmo.
Proclamata la repubblica, il Governo Provvisorio lo
nominò Commissario di Guerra pel Dipartimento di
Sangro, di cui era a capo - col grado di Commissario
Organizzatore - Nicola Neri (201).

Per diversità di carattere fra i due, e forse anche
per la imprecisione delle rispettive competenze, il
Valiante non fu amico del Neri, nè questi del
Valiante; e durante il periodo del loro governo si
pallegiarono accuse scambievoli con nullo vantaggio
personale, e molto danno della cosa pubblica, che
chiedeva - non pettegolezzi e brighe - ma concordia
d'animi, perseveranza d'intenti, unità d'azione.

Andrea Valiante - nel così vasto e deforme
Dipartimento - spiegò la propria attività di
funzionario specialmente nei Cantoni di Baranello,
Campobasso, Riccia, Larino e Termoli; ed in verità -
rincresce doverlo dire! - senza lasciare bella fama di
sè. Numerose ed ingenti ta-
 
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glie impose per motivi diversi a quasi tutte le
università da lui frequentate: e dalla sola
Campomarino aveva preteso ed ottenuto diecimila ducati
di penale per la morte ivi data a tradimento al di lui
infelice cognato Domenico di Gennaro di Casacalenda.
Dove andava a finire tanto danaro spremuto con
l'autorità della pubblica funzione, e con la violenza
soldatesca?

La spiegazione s'ebbe nel giugno di quell'anno stesso
quando la Repubblica era in agonia.

Andrea Valiante, costretto a fuggire improvvisamente
da Compobasso (dove domiciliava con la famiglia nel
palazzo Mascione), lasciò in una camera - a tutti
chiusa - ben ventiquattro casse piene di roba, delle
quali una "era ferrata e pesantissima, e bisognò
impiegare ben "sette robusti uomini al trasporto di
essa" (202).

Quando il De Cesare occupò le città, in nome del
cardinale Ruffo e del Re, prendendo alloggio nel
palazzo Mascione, la domestica del Valiante denunciò
al nuovo arrivato la cassa misteriosa: e il prezioso
contenuto venne amichevolmente diviso fra il generale
della Santa Fede e Paolo Norante di Campomarino suo
"alter ego" (203). La delatrice ebbe una mancia di 300
ducati; ciò che implicitamente rivela il valore
ingente del predato bottino!

Caduta la Repubblica, Andrea Valiante fu sollecito a
salvarsi fra i soldati francesi (prima che le
Capitolazioni del Ruffo venissero revocate pel tramite
dell'infame Nelson); e battè la via dell'esilio
stabilendosi a Marsiglia, dove fu nominato funzionario
del Deposito Generale dei rifugiati italiani: ufficio
che gli dava qualche lucro, ma non tale da
consentirgli di sostentare la famiglia.

Si diede al commercio, e nemmeno da questo ritrasse
vantaggio, poichè una relazione illecita assorbiva
quel poco d'utile ch'egli poteva ritrarre dai negozii
(204).

Nel 1806 tornò nel Regno con le armi di Giuseppe
Napoleone; ma da privato cittadino, fruente di
un'annua pensione di cento lire al mese. Il Valiante
contava, allora, appena nove lustri d'età; e
pretendeva dal nuovo regime la promozione a generale
(avendo servita la Repubblica col grado di Colonnello,
acquisito di primo acchito), e il comando d'una
provincia (205). Era la sua specialità; ma il governo
napoleonide, bene informato delle sue gesta del 99 e
dei suoi disordini domestici, si spinse appena appena
a confermargli il grado di Colonnello in funzione
nella Guardia Nazionale. Un vero disastro!

Nel 1820 eccolo nuovamente in moto. Dalle "Memorie" di
Guglielmo Pepe apprendiamo che il Valiante "essendo
caldo carbonaro e non molto prudente, il Direttore di
polizia Patrizio dispose che fosse incarcerato"; onde
si rifugiò nel Quartiere Generale di Avellino offrendo
al Pepe gli aiuti dei Carbonari molisani. Il Pepe lo
spedì a Sansevero, perchè si tenesse nascosto presso
il Sottintendente di quel Distretto, e pronto agli
ordini che fosse per ricevere allo scoppio della
rivoluzione (206).

Nel 1821, quando la Costituzione era già in pericolo,
e la libertà in-
 
- 198 -
sidiata dalla Corte e dall'Austria, "il Colonnello
Valiante, ch'erasi tanto compromesso prima della
rivoluzione, e che ora comandava la Legione del
Molise, sua provincia natale" (207) si recò in Aquila
dove stanziava il Pepe; ma la Legione del Molise non
giunse. Erasi sbandata per via, e il Colonnello
Comandante non ne aveva avuta notizia!

Andrea Valiante, Commissario di Guerra nel 1799,
Colonnello della Guardia Nazionale nel 1820, era
troppo abile nei piccoli maneggi delle congiure, ma al
fuoco non fu mai: questa la verità cruda della storia.


Abolita la Costituzione e restaurato l'assolutismo
mercè le armi austriache, Andrea Valiante fu catturato
nella propria casa a Ielsi, condannato all'ergastolo e
tradotto nell'isola di Favignana.

Luigi Alberto Trotta asserisce che morisse colà poco
tempo dopo (208). Non è esatto. Dal Michitelli
rilevasi che nel 1827 - in occassione della nascita
del Conte di Trapani - Andrea Valiante ebbe comutata
la pena a trent'anni di relegazione nella lontana
Pantelleria (209).

Il Valiante giunse in quest'isola il 15 agosto 1828; e
quivi terminò la sua vita travagliata ed irrequieta
addì 8 ottobre 1829, nella più desolata miseria,
poichè il Governo non gli passava che dieci grana al
giorno per vitto, e dalla famiglia stremata non
riceveva nulla.

Su di un volume legale appartenuto al figlio Saverio,
ci fu dato rintracciare tali date, e la notizia che il
Valiante era stato "assistito affettuosamente da Carlo
Corbi, gentiluomo di Avigliano, e suo compagno di
sventura".

Il Valiante aveva sposato - non prima del 1784 - Maria
Concetta Mutarelli, beneventana, deceduta a Ielsi il
13 marzo 1828, dalla quale aveva avuto sei figli:
Domenico, morto nel 1834; Gennaro a Termoli nel 1852;
Saverio; Giuseppe stato Sindaco di Ielsi nel
1835-1836; Gabriella e Giacinta maritate fuor del
paese di origine.

Il palazzo dei Valiante, a due piani, con quattro
torri angolari a feritoie, occupa un'area di 2000
metri quadrati, ed ha annesso un giardino di circa 20
ettari. Costruito dal 1790 al 1796, venne incendianto
dalle orde della S. Fede, e tosto restaurato. In una
sala si vede ancora la breccia fatta nel muro dai
gendarmi borbonici del 1821 per trarre dal
nascondiglio il Valiante: nascondiglio loro indicato
da un tristo, che aveva ricevuto dall'ex Colonnello
non lievi favori!

Esso palazzo è posseduto, da una trentina d'anni,
dagli eredi del sac. Luigi Capozio, che lo acquistò
dai sigg. Del Giudice di Piedimonte d'Alife.

Carlo d'Amico. - Nacque a Ielsi nel 1857, da Teodosio
e Marianna Roberti, ed entrato nell'esercito -
semplice soldato - nel 1875, nel luglio del 1911 era
promosso Maggior Generale.

In sette lustri di vita militare, egli prodigò la
propria coltura genialmente eclettica nello
insegnamento delle più svariate discipline nella
Scuola Militare di Modena e nella Scuola di Guerra a
Torino. Fu pure, ad intervalli di tempo, Comandante di
Reggimento, e Capo della Divi-
 
- 199 -
sione dello Stato Maggiore al Ministero della Guerra.
Sennonchè le funzioni della Cattedra e delle
amministrazioni centrali non ebbero a fiaccare le
energie del soldato; e il d'Amico, che da Capitano di
Stato Maggiore aveva fatta la Campagna Eritrea del
1889, da Maggior Generale fece la Campagna di
Cirenaica; e nella battaglia di Bu Sceifa ebbe ucciso
il cavallo da una palla beduina, che per poco non
colpì lui alla fronte.

Messo al comando del presidio di Tobruck, completò la
cinta fortificata del luogo, spegnendo nei ribelli
ogni velleità di riconquista.

Motivi di salute l'obbligarono a rimpatriare; e, di
ritorno, assunse il Comando della Brigata Parma di
stanza a Torino; ed era prossimo a maggiori ascensi
nella gerarchia, allorchè un tumore alla base della
gola, ribelle a più atti operativi, minò la forte
fibra di lui, che pur aveva superate le insidie del
clima libico.

Carlo d'Amico morì nell'ospedale Mauriziano di Torino
il 21 luglio 1914; e la sua salma - lacrimata da tutto
il Molise orgoglioso del figlio illustre - venne
tumulata nel Cimitero del paese nativo il 28 luglio,
dopo le popolari estreme onoranze tributatele dal
capoluogo della Provincia.
 
NOTE ILLUSTRATIVE E BIBLIOGRAFICHE
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(197) Op. alla nota (178), vol. I, pag. 155. [(178)
GALANTI GIUSEPPE MARIA. - Descrizione dello stato
antico ed attuale del Contado di Molise, con un Saggio
storico sulla costituzione del Regno. Napoli. Presso
la Società Letteraria e tipografica. MDCCLXXXI.
(Confr. vol. I, pag. 51).]

(198) VINCENTI PIETRO. - Teatro degli huomini illustri
che furono Protonotarij nel Regno di Napoli. In
Napoli. Nella stampa di Giovan Battista Sottile, 1607.
(Confr. a pag. 61).

(199) Secondo ci riferisce il dott. Vincenzo d'Amico
di Ielsi, che qui pubblicamente ringraziamo, per le
notizie relative al palazzo ducale.

(200) Di questo covo di congiure giacobine nel Molise,
trattiamo con copia di particolari nella biografia del
Lemaitre, nelle "Notizie feudali" della mon. di
Guardialfiera nel IV volume.

(201) Vedi biografia del Neri in fine della mon. di
Acquaviva Collecroci nel IV volume.

(202) PERRELLA ALFONSO. - L'anno 1799 nella provincia
di Campobasso. Memorie e narrazioni documentate, con
notizie riguardanti l'ex-Regno di Napoli. Caserta.
Tip. di Vincenzo Maione, 1900. (Confr. a pag. 310).

(203) Vedi, per altri ragguagli su questo sanfedista,
la biografia di Costanzo Norante nella mon. di
Campomarino nel IV volume.

(204) Op. alla nota (202), a pag. 534.

(205) Op. alla nota (202), a pag. 536.

(206) PEPE GUGLIELMO. - Memorie del generale Guglielmo
Pepe intorno alla sua vita ed ai recenti casi
d'Italia, scritte da lui medesimo. Parigi. Baudry,
Libreria Europea, 1847. (Confr. voI. I, pag. 375).

(207) Op. alla nota (206), vol. II, pag. 125.

(208) Di Toro, figliuolo degno di Domenico.

(209) MICHITELLI FRANCESCO. - Storia delle Rivoluzioni
nei reami delle Due Sicilie. Italia. 1860. (Confr.
vol. I, a pag. 447).